Il rischio idrogeologico: cos'è, cosa comporta, perché è importante valutarlo accuratamente

14 Giugno 2023 - Redazione

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Che cos'è la valutazione del rischio idrogeologico

Il rischio idrogeologico è un concetto che si riferisce alla possibilità che si verifichino fenomeni naturali, come alluvioni, frane, smottamenti, erosione costiera o dissesti idrogeologici, che possono causare danni significativi alle persone, all'ambiente e alle infrastrutture.

Questi eventi sono spesso il risultato di una combinazione di fattori, come le caratteristiche geologiche del territorio, le condizioni climatiche, la vegetazione e le attività umane, perciò la valutazione attenta è essenziale per una gestione adeguata del territorio: comprendere i potenziali pericoli che possono verificarsi in una determinata area consente di adottare misure preventive e di pianificare interventi di protezione, riducendo l'impatto degli eventi idrogeologici.

In molti paesi, specialmente in Italia, i dissesti idrogeologici si susseguono, causando enormi danni economici, ambientali e sociali, per questo, è importante comprenderne le cause e individuare possibili attività preventive che contribuiscano a preservare le risorse geologiche e idrologiche.

 

Il rischio idrogeologico: cosa comporta e perché è importante valutarlo accuratamente

È una problematica ampiamente e lungamente studiata, grazie anche a rilevamenti via via più precisi nello stabilire il rischio idrogeologico di un territorio.

Questo lavoro permette di individuare le aree più esposte, per consentire alle autorità di mettere a punto delle strategie d’intervento e prevenzione adeguate al livello di fragilità di ogni zona, infatti i momenti di intervento in situazione di pericolo devono coincidere con quelli della progettazione di opere e misure di prevenzione che richiedono la conoscenza della dinamica degli eventi e dei possibili effetti sugli insediamenti e sulle infrastrutture.

È infatti totalmente Inutile pensare di limitarsi all’intervento nelle sole situazioni emergenziali.

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Che cos'è la valutazione del rischio idrogeologico

La valutazione del rischio idrogeologico coinvolge l'analisi dei fattori che possono contribuire all'insorgenza di eventi come alluvioni, frane, smottamenti, vale a dire:

  • La pendenza del terreno
  • La presenza di falde acquifere
  • La copertura vegetale
  • La morfologia del territorio
  • La storia degli eventi passati in quella zona.

Questi fattori vengono considerati insieme per determinare le zone a maggiore rischio e le potenziali conseguenze.

Una valutazione accurata consente di identificare le aree a maggior rischio, fornendo informazioni preziose per la pianificazione urbana, la gestione delle risorse idriche, la protezione delle infrastrutture e la sicurezza delle persone.

Ad esempio, le aree a rischio elevato possono essere designate come aree non edificabili o soggette a restrizioni specifiche per la costruzione.

Inoltre, la valutazione del rischio idrogeologico è importante per lo sviluppo di strategie di prevenzione e di gestione degli eventi, tra le quali figurano:

  • Il monitoraggio costante delle condizioni idrogeologiche 
  • La costruzione di opere di difesa
  • La pianificazione di evacuazioni
  • La sensibilizzazione della popolazione sulle misure di sicurezza da adottare in caso di emergenza.

La valutazione del rischio idrogeologico è un procedimento complesso che richiede competenze multidisciplinari e l'utilizzo di dati scientifici, oltre che l'utilizzo, spesso, di modellazione e simulazione.

 

Come si svolge la valutazione del rischio idrogeologico

Si tratta di un processo che si svolge in diverse fasi, ognuna delle quali è essenziale per ottenere una visione completa del rischio presente in una determinata area. Queste fasi sono così suddivisibili:

  • Raccolta dei dati che includono informazioni topografiche, geologiche, idrologiche e idrauliche, nonché dati storici sugli eventi idrogeologici passati
  • Analisi del contesto idrogeologico che comprende lo studio delle caratteristiche fisiche dell'area, come la geomorfologia, la geologia, la vegetazione e i sistemi idrici presenti; l'obiettivo è comprendere come l'ambiente influenzi la dinamica idrogeologica e identificare i fattori che possono contribuire alla formazione di eventi pericolosi
  • Valutazione delle vulnerabilità: si analizza l'esposizione di elementi critici, come abitazioni, infrastrutture, attività economiche e risorse naturali, alle potenziali minacce idrogeologiche, valutando anche la resilienza di tali elementi e la capacità di resistere o riprendersi da un evento avverso; questo processo consente di identificare le aree più a rischio e gli elementi che richiedono una maggiore attenzione nella pianificazione e nella gestione del territorio
  • Determinazione delle minacce: questa fase coinvolge la valutazione delle probabilità di accadimento degli eventi idrogeologici, tenendo conto di fattori come le condizioni meteorologiche, la stagionalità e le tendenze climatiche; le informazioni storiche sugli eventi passati sono utilizzate per comprendere le ricorrenze e l'intensità dei fenomeni idrogeologici nella zona di studio
  • Elaborazione delle mappe di rischio: vengono rappresentate graficamente le aree di pericolo e i livelli di rischio associati ad una determinata area; le mappe di rischio sono solitamente suddivise in categorie o colori per indicare i diversi livelli di pericolosità, favorendo una visione chiara e immediata e consentendo alle autorità competenti di prendere decisioni informate.
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I tre elementi della valutazione del rischio

La valutazione del rischio idrogeologico è un processo dinamico e continuo, poichè le condizioni idrogeologiche possono cambiare nel tempo a causa di tre principali fattori, motivo per cui è necessario aggiornare la valutazione del rischio regolarmente così da adattare le strategie di conseguenza.

I tre fattori principali che comportano alterazioni delle condizioni idrogeologiche sono:

  1. L'urbanizzazione
  2. I cambiamenti climatici
  3. Le attività antropiche

Per svolgere una valutazione del rischio idrogeologico accurata, è necessario coinvolgere diverse figure professionali, quali idrogeologi, geologi, ingegneri idraulici e urbanisti, oltre che utilizzare strumenti e metodi specifici come modelli idrologici e geologici avanzati, combinati con tecniche di analisi dei dati e sistemi informativi geografici (GIS).

 

La pericolosità, cos'è e come si calcola

La probabilità che una data avversità di una certa intensità si verifichi in un dato momento, in una determinata area e per determinate cause definisce la pericolosità, indicata come P, di tale evento.

A sua volta, la Pericolosità è suddivisa in classi, che combinate con quelle di danno, indicato come D, definiscono il rischio totale, indicato con la lettera R.

Il rischio è quindi rappresentato dalla formula  R = P x D.

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Vulnerabilità, cos'è e come si calcola

La vulnerabilità (V) indica il livello di perdita di un dato elemento a rischio, o di più di essi, in conseguenza di un fenomeno pericoloso di una certa intensità.

Le aree vulnerabili sono le aree potenzialmente interessate da fenomeni di rischio idrogeologico, o anche sismico, di sprofondamento, etc... che arrecherebbero un determinato danno agli elementi a rischio quali infrastrutture, edifici, attività eccetera.

 

Cosa sono gli elementi a rischio e come si calcolano

Gli elementi a rischio (E) sono presenti in una determinata area vulnerabile, e comprendono:

  • Agglomerati urbani
  • Aree in cui insistono insediamenti produttivi
  • Impianti tecnologici di rilievo
  • Infrastrutture e comunicazioni strategiche
  • Patrimonio ambientale
  • Beni di rilevanza storico-culturale
  • Sedi di servizi pubblici e privati
  • Impianti sportivi e ricreativi
  • Strutture ricettive.
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Classificazioni del rischio e concetto di danno

Secondo la relazione R = P * E * V, il rischio è dato dal prodotto di pericolosità (P), vulnerabilità (V) ed elementi a rischio (E).

La valutazione del rischio si effettua tramite classi di rischio ottenute combinando le classi di pericolosità (P) con le classi di danno (D = E * V):

  • R1 - RISCHIO MODERATO: vi rientrano quelle circostanze che creerebbero danni solo marginali
  • R2 - RISCHIO MEDIO: comprende circostanze che causerebbero danni agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non comprometterebbero l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e il funzionamento dell’economia
  • R3 - RISCHIO ELEVATO: assimila tutte le situazioni che indurrebbero con molta probabilità problemi all’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità, l’interruzione delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale
  • R4 - RISCHIO MOLTO ELEVATO: sono ricomprese tutte quelle circostanze che causerebbero morte o lesioni gravi alle persone, danni seri agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione delle attività socio- economiche.

Il riferimento normativo per la definizione e la valutazione del rischio da dissesto idrogeologico è il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 Settembre 1998 (D.P.C.M. 29/09/98).

Per danno (D) s’intende invece una qualsiasi conseguenza negativa derivante dal verificarsi di un evento pericoloso di una data intensità.

Il danno potenziale è dato dal prodotto della vulnerabilità (V) per gli elementi a rischio (E): D = V * E

Combinando le classi di pericolosità con le classi di danno si ottiene la stima del rischio totale (R) presente in un’area vulnerabile.

 

Come fronteggiare il rischio idrogeologico

E vediamo adesso più nello specifico la distribuzione del rischio nel nostro Paese.

In merito agli eventi franosi:

Descrizione Mappatura
La possibilità che accada un fenomeno potenzialmente distruttivo, con una certa intensità in un periodo definito e in una data area rappresentano quella che viene denominata “pericolosità da frana” In tutta Italia sono il 19,3% del territorio nazionale le zone soggette a pericolosità da frana e le aree attenzionate. Se si sommano le classi P3 e P4 (quindi soggette in teoria a rischio maggiore e a vincoli più restrittivi) la percentuale si attesta sul 7,9%. La concentrazione maggiore (in termini di km2) di aree a pericolosità elevata P3 e molto elevata P4 si trova in Emilia-Romagna, seguita da Toscana, Valle d’Aosta, Campania; se si combinano P3 e P4 i valori maggiori si riscontrano in Valle d’Aosta, seguita da Trento, Campania, Molise.

In merito alle alluvioni:

Descrizione Mappatura
Rappresentano allagamenti momentanei, causati da fiumi, torrenti, canali, laghi o mare, di aree solitamente non coperte d’acqua Tre sono gli scenari di pericolosità: P3 = alluvioni frequenti; P2 = alluvioni poco frequenti; P1 = alluvioni infrequenti e/o poco estreme. Più di 12mila km2 sono a pericolosità idraulica elevata, e si localizzano in particolare in Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto.

In merito all’erosione costiera:

Descrizione Mappatura
Si intende con tale termine la modifica della morfologia dei litorali, indotta da uno o più processi, naturali o indotti, con conseguente perdita di superficie del territorio emerso e sommerso, in un dato intervallo di tempo rispetto al livello medio del mare Su circa 8.300 km di coste più della metà sono basse, e di queste circa il 70% sono di ghiaia o sabbia, le più soggette alle erosioni, causate ormai in misura preponderante dalle attività umane. Nel settennio 2000-2007 le analisi hanno mostrato che il 37% dei litorali ha subito variazioni superiori a 5 metri
 

Quali sono le opere di protezione e risanamento del rischio idrogeologico e quali obiettivi hanno

Secondo l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, negli ultimi anni in Italia sono aumentati in maniera significativa gli eventi legati al dissesto idrogeologico come frane, alluvioni e valanghe.

In particolare, in base all’ultimo rapporto del 2021:

  • Soggetti al rischio frane: quasi 1 milione e mezzo di persone, quasi il 4% del totale degli edifici nazionali, quasi il 6% dei beni culturali e quasi il 2% di industrie e servizi
  • Soggetti al rischio alluvioni: quasi 7 milioni di persone, il 13,4% delle attività industriali e di servizi, il 16,5% dei beni culturali, oltre 1 milione e mezzo di edifici.

Contrariamente a quanto di crede, o si vuole credere, il cambiamento climatico e la geomorfologia del territorio hanno una responsabilità limitata in relazione al dissesto idrogeologico, sicuramente marginale rispetto alle attività umane:

  • Cementificazione: aree naturali vengono trasformate in complessi edilizi
  • Abusivismo edilizio: edilizia abitativa in zone naturali “sensibili” come ad esempio le foreste
  • Deforestazione: distruzione indiscriminata delle piante, essenziali per il drenaggio delle piogge e la stabilità dei terreni
  • Agricoltura intensiva: sovrasfruttamento del suolo e consumo eccessivo delle risorse idriche
  • Abbandono dei terreni: la mancanza di manutenzione dei terreni d’altura aumenta considerevolmente il rischio idrogeologico
  • Estrazioni di risorse dal sottosuolo, compresa l’estrazione di acqua dalle falde se questo processo non viene realizzato in modo controllato e sostenibile
  • Alterazioni dei corsi d’acqua: interventi effettuati in modo non ponderato e invasivo, come deviazioni e sotterramenti di fiumi e torrenti
  • Mancata o scarsa manutenzione: se non si puliscono i fondi dei corsi d’acqua e si lasciano liberi gli spazi adiacenti agli argini si incrementa il rischio
  • Realizzazione di cave non a norma, sia durante la fase di realizzazione sia in quelle successive di sfruttamento della cava e abbandono.

Attualmente siamo a conoscenza delle buone pratiche che potrebbero prevenire o almeno ridurre il dissesto idrogeologico, ma per traslare dalla teoria alla pratica servono soldi (tanti, e spesi bene) e una cultura di utilizzo sostenibile del suolo e delle sue risorse; tra le principali soluzioni possiamo considerare:

  • Riforestazione delle aree boschive deforestate
  • Controllo dello sviluppo urbano
  • Pulizia e manutenzione dei corsi d’acqua
  • Recupero e stabilizzazione dei terreni d’altura
  • Interventi di consolidamento del terreno laddove necessari
  • Utilizzo responsabile delle acque sotterranee
  • Contrasto dell’abusivismo edilizio
  • Utilizzo di pavimentazioni drenanti.
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Come si pianifica l'emergenza idrogeologica

La pianificazione dell’emergenza svolge un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza e il benessere della popolazione di fronte a catastrofi.

Secondo quanto caldeggia anche la Protezione Civile a tal proposito, le autorità locali dovrebbero sviluppare piani di emergenza basati non solo su una solida base di conoscenze fornite da studi e indagini disponibili, come programmi di previsione e prevenzione o piani idrogeologici, ma anche sulla loro conoscenza diretta del territorio, che può evolversi rapidamente e in modo imprevedibile a causa, come abbiamo detto, di trasformazioni naturali ed antropiche.

È di fondamentale importanza che i piani di emergenza vengano costantemente aggiornati, tenendo conto dei cambiamenti nel territorio e della disponibilità di risorse umane e materiali, nonché dei tempi e delle procedure per attivare tali risorse durante le emergenze.

Per massimizzare l'efficacia della pianificazione di emergenza, è fondamentale che ogni regione e provincia autonoma intervenga per fornire indicazioni e supporto ai sindaci, coinvolgendo province, uffici territoriali del governo, strutture operative locali e volontari; è inoltre importante stabilire standard, linguaggi e procedure operative condivisi tra i diversi attori istituzionali coinvolti, il che può includere la creazione di comitati tecnici permanenti per verificare regolarmente i risultati ottenuti.

Inoltre, è utile che gli uffici territoriali del governo promuovano la consapevolezza e il coordinamento con le strutture operative statali a livello territoriale per garantire la loro prontezza operativa durante gli eventi.

Per assicurare l'efficacia della pianificazione di emergenza, è altresì essenziale informare adeguatamente e preventivamente la popolazione sui rischi specifici e sulle norme comportamentali previste nei piani di emergenza.

Il sindaco ha la responsabilità diretta di fornire informazioni alla popolazione in conformità all'articolo 12 della Legge 265/1999 e all'articolo 3 della Legge 225/1992 modificata dalla Legge 100/2012, che riconoscono l'informazione alla popolazione come un'attività di prevenzione non strutturale della protezione civile; proprio nell'ambito dell'attività di informazione alla popolazione, è particolarmente importante indicare le aree a rischio di eventi calamitosi di natura idrogeologica o idraulica, ad esempio attraverso segnaletica di monitoraggio o dispositivi di segnalazione visiva e/o acustica, e diffondere buone pratiche comportamentali.

A tal fine, i sindaci devono identificare con precisione le aree critiche e sensibilizzare la popolazione affinché eviti di stare vicino a punti a rischio, come ponti o rive di corsi d'acqua in piena, sottopassi stradali, scantinati, coste esposte alle mareggiate e simili.

È auspicabile coinvolgere ampiamente la popolazione attraverso incontri, assemblee pubbliche, conferenze e altre iniziative, oltre a verificare l'efficacia delle misure di emergenza mediante esercitazioni periodiche: in caso di eventi calamitosi di natura idrogeologica o idraulica, l'informazione alla popolazione deve essere intensificata, prestando particolare attenzione all'attivazione e alla pubblicizzazione di ogni supporto disponibile per la popolazione.

Potrebbe inoltre essere utile attivare numeri di emergenza e indirizzi email specifici, differenziati per tema e/o area geografica, ai quali i cittadini possano fare riferimento per contattare le autorità locali di protezione civile; altrettanto importante è stabilire canali di comunicazione adeguati, come siti web o centri di contatto per la diffusione di notizie e informazioni utili alla popolazione, come comunicati ufficiali, modulistica, percorsi alternativi, canali per le donazioni ed altro.

A tal proposito, nel caso in cui il sistema di protezione civile venisse attivato per gestire situazioni di emergenza, è necessario che tale attivazione avvenga in modo tempestivo e coordinato, in conformità con le linee guida operative stabilite nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2008; è fondamentale comunicare tempestivamente al Dipartimento della Protezione Civile su eventi che possano rappresentare un pericolo per la popolazione, evidenziando le iniziative intraprese e le residue ed eventuali criticità locali.

A livello regionale e provinciale, è importante garantire l'attivazione delle rispettive Sale Operative di protezione civile 24 ore su 24 fino a quando non sia più necessario. A tal fine, i sindaci devono individuare una struttura in grado di ricevere correttamente e tempestivamente i messaggi del sistema di allerta, nonché adottare misure di vigilanza e controllo del territorio per garantire la sicurezza della popolazione.

 

Chi contattare per la valutazione del rischio?

Come si evince da quanto detto, la valutazione del rischio idrogeologico è un processo complesso e multidisciplinare, che compete in primis al geologo, ma che coinvolge in seconda battuta anche altri professionisti, come ingegneri, ma anche architetti e archeologi, biologi, chimici, informatici e grafici: tutti esperti di cui Quotalo.it si avvale per la sua rete di professionisti, tra l’altro con grande orgoglio, trattandosi di una questione di straordinaria importanza nazionale. Se siete alla ricerca di tutti questi professionisti, ma soprattutto di un geologo, è possibile mettersi in contatto coi migliori geologi della propria zona in pochissimi step, semplicemente richiedendo un preventivo gratuito.

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