Come e quando licenziarsi: quali sono le modalità e le conseguenze

18 Settembre 2019 - Redazione

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Guida utile per licenziarsi e dimettersi senza conseguenze

Viviamo in una fase storica molto delicata che ha tra le sue criticità anche quelle inerenti il mondo del lavoro. Averne uno, infatti, è particolarmente importante e urgente e, a differenza del passato, molto più difficile.

I tassi di disoccupazione, anche quella giovanile, sono sempre molto alti e diventa difficile trovare un impiego, riuscire a mantenerlo e costruire prospettive di vita su di esso.

Eppure non è da sottovalutare la possibilità di licenziarsi. Le cause possono essere diversi e scoprire come fare per licenziarsi dal proprio posto di lavoro è utile per non causar conseguenze negative. La legge italiana, infatti, prevede alcune norme e tutele – in quello che si chiama diritto del lavoro – sia per i lavoratori dipendenti che per i datori di lavoro.

I rapporti professionali sono quindi gestiti da specifiche leggi che bisogna rispettare anche quando si decide di licenziarsi.

La materia del diritto del lavoro è molto articolata e prevede numerose tutele, ma anche diversi obblighi che è necessario rispettare per non perdere i diritti a percepire le dovute tutele e per questo motivo conviene sempre rivolgersi ad una figura specializzata, quale quella dell'avvocato giuslavorista. Vediamo quindi nel dettaglio come e quando ci si può licenziare, come farlo, quali le modalità e soprattutto le conseguenze di questa scelta.

Perché licenziarsi

Prima di passare a verificare come fare per licenziarsi a lavoro è bene valutare quali sono le ragioni per cui possa decidersi di abbandonare il proprio posto di lavoro. Le possibilità sono molte e  riguardano questioni di natura sia professionale che personale.

Nel primo caso, forse quello più comune, ci si licenzia perché si vuole cambiare lavoro. In un mondo che cambia velocemente anche il lavoro segue dinamiche molto rapide e può capitare di trovare un’occasione importante che dia maggiori stabilità e sicurezze. Questo è uno dei principali motivi per cui può essere necessario licenziarsi, ma non l’unico.

Un secondo motivo, in parte legato a quello che abbiamo appena visto, è relativo alla decisione di prendersi del tempo per fare altro nella vita. Spesso si percepisce l’esigenza e l’urgenza di rimettersi a studiare, di migliorare il proprio curriculum, di acquisire competenze ed esperienze che altrimenti non si riuscirebbe a maturare. Soprattutto quando si è più giovani (e si hanno meno urgenze economiche), questo è un investimento che può portare a licenziarsi per poi puntare a trovare un’occupazione più qualificata e gratificante (anche dal punto di vista economico).

Può capitare anche di doversi licenziare per motivi di ordine personale. Problemi di salute o la necessità di seguire il proprio partner, può portare ad abbandonare il proprio posto di lavoro. Anche altre scelte di vita possono risultare inconciliabili con il lavoro che si ha e si decide di licenziarsi.

Infine c’è un’altra ragione, anche se troppo spesso ignorata, che è quella che potremmo definire della dignità. Trovare un impiego è molto difficile, tanto che sono in molti a preferire condizioni lavorative ed economiche critiche pur di non ritrovarsi senza lavoro.

In realtà il lavoro non deve mai essere sfruttamento, sia dal punto di vista economico che di dinamiche interne. Eppure è un fenomeno diffuso che porta spesso molti a decidere di licenziarsi, rinunciare a quel tipo di trattamento e provare a guardarsi intorno per trovare altro.

Come licenziarsi: dimissioni e giusta causa

I contratti di lavoro prevedono accordi specifici tra le parti, con diritti e doveri da parte sia del dipendente che del datore di lavoro. Grazie alle modifiche delle leggi in materia di diritto del lavoro, oggi è più semplice per un dipendente dare le dimissioni che per l’azienda licenziarlo.

A tal proposito è doveroso distinguere i termini per evitare di confondere le cose. Si parla di licenziamento quando è l’azienda che decide di interrompere il rapporto di lavoro con il dipendente. Se è invece il lavoratore che decide di non lavorare più presso quell’azienda non si parla di licenziamento ma di dimissioni.

Le dimissioni possono essere di due tipi: per giusta causa o volontarie. Nel primo caso si hanno dimissioni per comportamenti irregolari da parte dell’azienda presso la quale si lavora, mentre le dimissioni volontarie sono quelle a seguito di una libera decisione del dipendente.

Va specificato che la scelta di come licenziarsi determina le modalità e le conseguenze. Come vedremo, infatti, molto cambia sia sulle tempistiche che sull’indennità di disoccupazione (Naspi). È importante valutare anche questi aspetti per decidere al meglio quando interrompere il proprio rapporto di lavoro. Infine quando si danno le dimissioni per giusta causa, è utile tutelarsi in modo da poter recuperare quanto non è stato percepito.

Il licenziamento per giusta causa, infatti, può essere causato dalla mancanza dello stipendio, ma anche da un carico di lavoro superiore a quello previsto dal contratto, per non parlare di tutti quei casi di mobbing, molestie o pressioni che un dipendente può subire dai suoi superiori durante l’orario di lavoro.

Oltre a causa una giusta motivazione per licenziarsi, tali comportamenti costituiscono materia per intraprendere cause legali dalle quali ottenere i giusti risarcimenti.

A questo punto possiamo passare a distinguere le procedure per licenziarsi da un contratto a tempo indeterminato e uno a tempo determinato.

Procedura di autolicenziamento

Come licenziarsi da un contratto a tempo indeterminato?

La prima cosa da fare per licenziarsi quando si ha un contratto a tempo indeterminato è scrivere la famosa lettera di dimissioni. Questa va inviata obbligatoriamente per via telematica tramite il sito del Ministero del Lavoro (o in alternativa rivolgendosi presso un CAF, un centro specializzato o un CAF).

L’introduzione dell’invio telematico della lettera di dimissioni è divenuta obbligatoria a seguito delle ultime riforme del mondo del lavoro, ma per alcuni tipi di contratti è ancora possibile procedere con la lettera cartacea. Sono infatti esentati dall’invio telematico i dipendenti pubblici, i lavoratori in prova, i collaboratori, i lavoratori domestici, gli stagisti, i tirocinanti e i lavoratori marittimi.

Nel caso non ci fosse l’obbligo di procedere con le dimissioni online, bisogna scrivere e consegnare la lettera di dimissioni. Questa, per essere corretta e priva di vizi di forma, deve essere completa e comprensiva di diversi elementi tra cui i propri dati anagrafici, la data in cui si è iniziato il lavoro presso quell’azienda, il tipo di contratto, la mansione svolta nell’azienda, il livello di inquadramento e, soprattutto, la data in cui effettivamente non si lavorerà più con l’indicazione anche della scadenza del periodo di preavviso obbligatorio per legge.

In calce alla lettera va apposta la propria firma e poi consegnata o al titolare dell’azienda o al responsabile del personale. È importante che tale lettera venga effettivamente recapitata e bisogna tutelarsi anche sotto questo aspetto, per evitare che l’azienda possa sostenere di non aver mai ricevuto tale comunicazione. È utile conservare una copia sia della lettera che della ricevuta, in modo che, in caso di obiezioni sollevate dall’azienda, si abbia la documentazione necessaria a tutelarsi.

Per tutelare sia l’azienda che il dipendente, come detto in precedenza, esistono diritti e doveri da parte di entrambi. Una di queste è il cosiddetto periodo di preavviso. Si tratta di un obbligo che tutti i dipendenti con contratto a tempo indeterminato hanno nei confronti dell’azienda in cui lavorano, tranne nel caso in cui le dimissioni siano per giusta causa.

In assenza di questa l’azienda può richiedere (e ottenere) dal dipendente un risarcimento, per il danno subito nel non poter svolgere le proprie attività professionali e per avere il tempo di organizzare il lavoro ed eventualmente assumere un nuovo dipendente. Coloro che devono valutare come licenziarsi con preavviso devono attenersi a quelle che sono le tempistiche e le peculiarità presenti all’interno del proprio contratto di lavoro.

Le dimissioni di un dipendente con contratto a tempo indeterminato non necessitano di approvazione da parte dell’azienda. Esse sono valide al momento in cui vengono presentate, salvo si cambi idea e si richieda (in questo caso è una richiesta) una revoca. La revoca, invece, per essere valida deve essere accettata dal datore di lavoro, altrimenti il rapporto professionale cessa come conseguenza delle dimissioni volontarie.

Come licenziarsi da un contratto a tempo determinato?

Molto diversa è la questione per chi sta valutando come licenziarsi da un contratto a tempo determinato. In questo caso non c’è possibilità di licenziarsi con effetto immediato come invece è possibile nei contratti a tempo indeterminato. Per questo tipo di contratti di lavoro è possibile anticiparne la conclusione solo se ci sono le condizioni per la “giusta causa” o, in alternativa, se si trova un accordo tra le due parti. Altrimenti chi si licenzia prima del tempo dovrà pagare una penale che viene calcolata in base al tempo residuo dal quando ci si è licenziati fino a quando il contratto sarebbe terminato naturalmente.

Come licenziarsi e non perdere la disoccupazione

Per capire come licenziarsi e non perdere la disoccupazione è necessario parlare della NASpI, ovvero la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego che prevede un’indennità di disoccupazione per tutti coloro che perdono il lavoro non per loro scelta.

Questo sgombera il campo da ogni dubbio: per ottenere la disoccupazione bisogna essere licenziati; coloro che si dimettono non hanno diritto a questo tipo di tutela.

Ovviamente possono beneficiare della disoccupazione anche coloro che si sono licenziati per una giusta causa. Trattandosi di casi a volte molto delicati, le aziende possono difendersi dalle accuse dei lavoratori avviando cause legali. In questi casi, se non si trova un accordo extragiudiziale, si ricorre al Tribunale per stabilire le reali responsabilità delle parti.

La NASpI viene corrisposta ogni mese seguendo un calcolo ben preciso. Si considerano infatti le settimane contributive degli ultimi quattro anni di attività e lo si divide per due; questa è la durata disoccupazione.

Per quel che riguarda l’importo, invece, viene erogato il 75% della retribuzione media, calcolata su una media degli ultimi quattro anni. Se tale retribuzione è più bassa rispetto a quanto previsto dalla legge, essa viene ricalcolata in base agli indici ISTAT.

Il medesimo discorso vale anche per coloro che negli ultimi quattro anni hanno percepito una retribuzione superiore a quanto previsto dalla legge con un’aggiunta del 25% della differenza tra l’importo previsto dalla legge e la retribuzione media del lavoratore. La disoccupazione inoltre può decadere o essere sospesa, sia se il lavoratore trova una nuova occupazione, sia che egli non comunichi quanto previsto dalla legge.

Limitazioni e riduzioni alla disoccupazione sono previsti anche per chi trova un lavoro all’estero, con condizioni (temporali ed economiche) particolari.

Quali sono le conseguenze di un auto licenziamento

Un altro caso è quello in cui l’azienda propone al dipende di licenziarsi autonomamente. Questa formula è considerata legale solo se non ci sono pressioni da parte dell’azienda e se il lavoratore mantiene la libertà di scelta e non è vittima di un ricatto. L’incentivo alle dimissioni, accompagnato da una proposta di indennizzo economico come buona uscita, è una strada spesso percorsa per trovare un accordo tra le parti e tutelare gli interessi di entrambi.

Come abbiamo visto coloro che si licenziano volontariamente non hanno diritto alla disoccupazione, ma rimangono attivi tutti i diritti maturati durante il periodo per il quale si è lavorato. Anche chi procede con un auto licenziamento ha quindi diritto, nell’ultima busta paga, di ricevere il pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), tredicesima, ferie, permessi e tutte le spettanze che gli spettano.

Quando si decide di licenziarsi è bene anche evitare alcuni errori grossolani che potrebbero avere effetti controproducenti. Tra questi c’è l’abitudine di utilizzare le dimissioni come metodo per ottenere un aumento o una promozione.

Una volta presentata la lettera di dimissioni, sia cartacea che telematica, essa è irreversibile, a meno che, come abbiamo visto, il datore di lavoro non accetti la revoca. Se l’azienda comprende che l’obiettivo è quello di ottenere di più potrebbe rifiutare la revoca delle dimissioni e ci si ritroverebbe senza lavoro.

L’auto licenziamento va gestito in maniera corretta. Sia dal punto di vista umano che professionale. Parlare male dei propri colleghi, dei superiori o dell’azienda presso la quale si è lavorato, nell’istante dopo in cui si è inoltrata la lettera di dimissioni, oltre che poco elegante è passibile di conseguenze legali.

È preferibile evitare comportamenti scorretti che possano mettere a rischio la propria posizione e mantenere una grande professionalità anche negli ultimi giorni di lavoro.

Se hai bisogno di un supporto per questione delicate come queste, rivolgiti a Quotalo.it, il portale che ti metterà in contatto con l'avvocato specializzato nel diritto del lavoro che più fa per te e per la tua situazione.

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