Le violenze e le molestie sul luogo di lavoro non sono solo sessuali: ecco come riconoscerle e cercare supporto

08 Gennaio 2024 - Redazione

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Tutto quello che c'è da sapere sulla violenza sul lavoro

La violenza nei luoghi di lavoro è un fenomeno purtroppo in costante crescita non solo in tutt’Italia ma anche nei più svariati settori lavorativi.

Si tratta di un tema che è ritornato al centro dell’attenzione a livello nazionale a seguito della ratifica definitiva della Convenzione ILO 2019 n. 190 in materia di violenza e molestie nel mondo del lavoro.

Si tratta di un argomento molto delicato ed è ampiamente trattato anche in tutti codici etici adottati a livello aziendale, tuttavia nonostante ciò ancora oggi si prova un certo timore nel denunciare le violenze subite nel contesto di lavoro.

Ancora peggio, alcune volte non si riesce nemmeno a cogliere l’atteggiamento vessatorio che un soggetto ha nei confronti di un altro nei luoghi di lavoro, pertanto è importante conoscere sia quali sono gli strumenti presenti nel nostro ordinamento per tutelarsi dalle violenze subite durante il lavoro, sia riconoscere tutte le forme con cui una condotta violenta può manifestarsi. 

 

Definizione di violenza sul lavoro

In base a ciò che dispone l’art. 1 della Convenzione del 2019 sopra citata, recentemente ratificata nel nostro Paese, l’espressione violenza e molestie nel mondo del lavoro indicano un insieme di pratiche e di comportamenti posti in essere nei confronti dei lavoratori sia in un’unica occasione sia ripetutamente nel tempo. 

Questi comportamenti devono prefissarsi di causare, o causare anche solo potenzialmente un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e questa definizione include anche la violenza di genere.

Configura violenza anche solo la mera minaccia di porre in essere questa tipologia di comportamenti.

In virtù della ratifica della Convenzione ILO, lo Stato ha ufficialmente riconosciuto che le molestie e le violenze subite nei luoghi di lavoro possono costituire vera e propria violazione dei diritti umani e possono rappresentare minaccia alle pari opportunità tra uomini e donne, risultando decisamente incompatibili con una forma di lavoro dignitoso.

violenza di genere sul lavoro  

Definizione di molestia sul lavoro

In molti tendono ad identificare il concetto di violenza sul lavoro con quello di molestie sul lavoro, tuttavia si tratta di due concetti diversi.

Le molestie possono essere definite come comportamenti ostili, offensivi o intimidatori che avvengono nei luoghi di lavoro e vengono effettuati da parte di uno o più colleghi o superiori.

Possono manifestarsi anche mediante commenti sessisti, razzisti, discriminazione, minacce verbali, isolamento sociale, ostracismo, umiliazioni e una moltitudine di altri atteggiamenti.

Se queste condotte vengono poste in essere in modo ciclico potrebbero integrare addirittura il mobbing, il quale ha come fine ultimo quello di demotivare la vittima ed indurla ad abbandonare il lavoro.

Alcuni esempi concreti possono rendere più agevole la comprensione del fenomeno in esame: si parla, ad esempio, di molestie di genere quando avvengono discriminazioni o trattamenti ingiusti basati solo ed esclusivamente sull’identità di genere di una persona, ad esempio un trattamento economico inferiore rispetto all’altro genere a parità di mansioni svolte. 

Le molestie psicologiche invece sono finalizzate ad intimorire il lavoratore oppure renderlo insicuro di sé al fine di invogliarlo ad abbandonare il lavoro o di isolare la vittima sempre di più.

 

Differenze con mobbing

Le condotte di violenza o di molestia posta in essere nel contesto lavorativo si differenziano dal mobbing, altro fenomeno che spesso si manifesta in questo contesto. Nelle molestie fisiche, infatti, così come nella violenza, può esserci una forte componente appunto fisica, viceversa il mobbing ha sempre una componente psicologica.

La molestia si manifesta anche con l’uso di termini dispregiativi, offensivi e con la ricerca di approvazione di terzi soggetti, mentre nel mobbing l’intento è quello di evitare l’utilizzo di espressioni offensive in pubblico al fine di evitare testimoni scomodi, e si concretizza in condotte illecite di vario genere, critiche o false accuse rivolte alla vittima.

Normalmente inoltre le vittime di violenza e di molestie sul lavoro vengono quasi sempre considerate come “inoffensive” ed incapaci di difendersi, mentre nel mobbing la vittima viene sempre vista come un bersaglio pericoloso o comunque scomodo e da tenere sotto controllo.

Nei casi più estremi, lo scopo del mobbing può essere persino indurlo ad abbandonare il lavoro con la forza. Infine, e questo è un aspetto cruciale per comprendere al meglio la distinzione tra violenze/molestie e mobbing, le prime possono manifestarsi anche in un singolo episodio o in più episodi, mentre viceversa il mobbing necessita di una pluralità di condotte lesive, ripetitive e sistematiche, poste in essere da parte del soggetto agente nei confronti del lavoratore, tutte preordinate ad ingenerare un grave disagio nella vittima.

 

Quali sono i tipi di violenza sul lavoro

Come anticipato, le forme mediante le quali può manifestarsi la violenza sui luoghi di lavoro sono molteplici. Si va dalla molestia intesa come comportamento caratterizzato da richieste insistenti, messaggi, telefonate, ricatto o qualsiasi contatto indebito che causa fastidio o preoccupazione nel destinatario, al già citato mobbing. Con riferimento esclusivamente alla violenza, è doveroso sottolineare le condotte che statisticamente si verificano di più all’interno dei luoghi di lavoro.

 

Violenza psicologica

Secondo l’INAIL si ha violenza psicologica nel caso in cui un collega di lavoro o un gruppo di colleghi abbiano un comportamento scorretto in modo continuato nei confronti di un altro lavoratore, di un gruppo di colleghi, di un superiore o di un sottoposto individuato come vittima, il quale viene umiliato, offeso o minacciato.

In poche parole, la violenza psicologica si concretizza in caso di specifici comportamenti: urlare, usare un linguaggio sarcastico od offensivo, criticare continuamente il lavoratore, assegnare lavori troppo complessi e non in linea con le capacità del lavoratore preso di mira, escludere il lavoratore da eventi sociali o nascondergli informazioni che potrebbero essere importanti per lui.  

Tipologie di violenza sul lavoro  

Violenza sessuale

Quando si parla di molestie sessuali si fa riferimento a quei comportamenti indesiderati che hanno uno sfondo sessuale o comunque connessi all’appartenenza di genere ed aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di un lavoratore e di creare così un clima intimidatorio, ostile e degradante. La suddetta definizione del concetto di violenza sessuale è racchiusa nell’art. 26 del Decreto Legislativo 198 del 2006.

Le molestie sessuali sul luogo di lavoro possono essere sia fisiche che verbali. In poche parole, la violenza verbale sessuale si manifesta mediante allusioni sessuali, commenti o scherzi che hanno una connotazione prettamente sessuale, e può avvenire anche in modo informatico, ovvero mediante l’utilizzo di supporti tecnologici come ad esempio e-mail, sms, videochiamate etc.

Più nel dettaglio, ecco alcuni esempi di molestie sessuali:

  1. Insinuazioni e commenti equivoci sull’aspetto del lavoratore
  2. Presentazione, affissione o esposizione di materiale pornografico nel luoghi di lavoro
  3. Inviti indesiderati con chiaro intento sessuale
  4. Avances connesse alla promessa di vantaggi o di svantaggi sul lavoro
  5. Contatti fisici indesiderati.
 

Violenza verbale

La violenza verbale nei luoghi di lavoro come il nome stesso suggerisce si manifesta verbalmente, ovvero mediante minacce, offese, commenti denigratori ai danni di un lavoratore.

La violenza verbale può avere diverse sfumature, ad esempio può essere finalizzata ad offendere l’altrui sentimento religioso (si pensi ad esempio a chi minaccia un collega per questioni religiose), o la propria identità di genere o sessuale. In poche parole, quando si parla di violenza verbale si fa riferimento non tanto al tipo di offesa posto in essere bensì alla modalità con cui si estrinseca l’offesa.

 

Violenza informatica

Lo stesso discorso fatto per la violenza verbale vale anche per la violenza informatica. Anche questo tipo di violenza infatti è caratterizzato dalle modalità mediante le quali avviene l’offesa della vittima.

In questo caso, anziché esprimersi verbalmente, l’autore della violenza lo fa utilizzando strumenti tecnologici come l’invio di e-mail, di messaggi su applicazioni di messaggistica istantanea, sui social network oppure tramite videochiamata.

 

Differenziazione tra violenza sul lavoro interna ed esterna

Un’ulteriore distinzione importante da fare quando si parla di violenza sul luogo di lavoro è quella di violenza interna e violenza esterna.

In poche parole, si parla di violenza sul lavoro “interna” quando la violenza si manifesta tra lavoratori, compresi i dirigenti e i supervisori dei lavoratori.

Viceversa, si parla di violenza sul lavoro “esterna” quando si fa riferimento ad insulti, minacce o forme di aggressioni fisiche e psicologiche praticate sul posto di lavoro da parte di soggetti che però non appartengono all’organizzazione, compresi i clienti.

Si tratta di condotte che possono mettere a repentaglio la salute o il benessere dei lavoratori, infatti anche la violenza esterna può manifestarsi mediante offese razziali o sessuali o fisiche. 

   

Cosa si intende invece con discriminazione sul lavoro e quali elementi costituiscono la discriminazione

In ossequio alla Direttiva n. 54 del 2006, recepita in Italia dal Codice delle Pari Opportunità, è possibile distinguere tra discriminazioni dirette ed indirette. Si ha discriminazione diretta quando una persona è trattata in modo meno favorevole in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga.

Viceversa, si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in situazione di svantaggio le persone che appartengono ad un determinato genere sessuale rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che dette disposizioni, criteri o prassi, siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima ed i mezzi impiegati per il conseguimento dello stesso siano necessari ed appropriati.

discriminazione femminile sul lavoro  

Quali sono gli effetti derivanti dal subire violenza, molestia o discriminazioni sulle vittime

I possibili effetti collaterali derivanti dal subire condotte violente, moleste o discriminatorie sono svariati e mettono spesso a repentaglio la salute, la carriera e la vulnerabilità di una persona.

Per i lavoratori, infatti queste situazioni sul luogo di lavoro possono generare episodi di paura, ansia, stress, disturbi del sonno, affaticamento, depressione, disturbo post traumatico da stress e molto altro ancora. 

Tutte queste conseguenze negative si manifestano non solo in chi subisce violenze sessuali ma anche in chi è vittima di molestie morali, psicologiche, fisiche e delle altre tipologie di violenze e minacce sopra richiamate.

 

Come poter prevenire questi comportamenti

La prevenzione in ordine alle condotte violente e alla prevenzione nei luoghi di lavoro ha un ruolo cruciale oggigiorno, e si muove su due livelli distinti e separati: da un lato si parla di prevenzione e riduzione degli atti di violenza, dall’altro di forme di sostegno alla vittima nel caso in cui gli episodi violenti si siano già manifestati.

In poche parole, nel primo caso si cerca di evitare, nei limiti del possibile, che condotte violente possano manifestarsi nei luoghi di lavoro, mentre nel secondo caso, invece, si cerca di contenere e di ridurre al minimo gli effetti dannosi dell’incidente e prevenire i possibili sensi di colpa che possono insorgere nella vittima in seguito a ciò che ha subito.

Tra le possibili soluzioni di prevenzione sono state individuate, con riferimento all’ambiente di lavoro, delle misure per la sicurezza fisica come ad esempio la predisposizione di uscite di emergenza, serrature, divisori, illuminazioni adeguate, limitazione delle aree senza uscite e oggetti potenzialmente strumenti di aggressione.

Con riferimento all’organizzazione del lavoro, invece, si dovrebbe evitar di far lavorare i dipendenti in condizioni di isolamento e, qualora non fosse possibile, mantenere comunque i contatti con loro in modo continuo.

L’aspetto più importante in materia di prevenzione, però, è la formazione continua del personale: solo in questo modo infatti è possibile riconoscere tempestivamente i comportamenti ed i segnali precoci di aggressività, predisporre le istruzioni di sicurezza, garantire comunicazioni adeguate, individuare i possibili clienti con precedenti di violenza nonché gestire lo stress insito nella situazione per controllare al meglio le reazioni emotive.

In conclusione, per prevenire gli ulteriori danni e limitare le conseguenze negative delle condotte violente e moleste, l’INAIL indica che i responsabili aziendali dovrebbero fornire un sostegno alla vittima nell’immediato e nelle fasi successive in caso di sindrome post traumatica, e dovrebbero altresì sostenere la vittima per il disbrigo delle formalità amministrative e giuridiche necessarie come ad esempio la denuncia, o le azioni legali.

Ma non finisce qui, perchè i responsabili aziendali dovrebbero anche collaborare nell’instaurazione e al consolidamento di un ambiente di lavoro privo di qualsiasi pregiudizio, nel rispetto della professionalità dei colleghi e dei terzi che hanno a che fare con l’impresa.

Infine, sempre secondo l’INAIL, i responsabili aziendali non dovrebbero lasciare solo il lavoratore che ha subito o che ha assistito a un atto di violenza nelle ore successive all’avvenimento.

 

Cosa succede in caso di licenziamento in seguito ad un episodio di molestie sul lavoro

Con riferimento alle conseguenze derivanti da un episodio di violenze sul lavoro, e con particolare riferimento al licenziamento di chi è agito in giudizio per denunciare le condotte violente e moleste altrui, la Legge 27 dicembre 2017 n. 205 ha modificato l’art. 26 del Codice delle Pari Opportunità, ovvero il D.lgs. 198 del 2006.

Più precisamente, la Legge citata ha introdotto all’interno del Codice delle Pari Opportunità il comma 3 bis all’art. 26 il quale prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda.

La lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per discriminazioni, per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere:

  1. Sanzionato
  2. Demansionato
  3. Licenziato
  4. Trasferito
  5. Sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa. 

L’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante.

La suddetta tutela, invece, non è garantita nel caso in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia.

E relativamente alla distinzione tra le ipotesi della “calunnia” e quella della “infondatezza della denuncia” si rileva come la calunnia scatti solo in caso di malafede, ossia nel caso in cui chi agisce ben conosce l’altrui innocenza, mentre l’infondatezza invece sembra voler richiamare le ipotesi di assenza totale di condizioni che rendano credibile la denuncia stessa.

Inoltre, il comma 3 ter dell’art. sopra richiamato, prevede anche l’obbligo del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale nonché la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative di natura formativa o informativa maggiormente opportune finalizzate a prevenire il fenomeno delle molestie nei luoghi di lavoro.

Infine, è doveroso sottolineare che le molestie poste in essere nel contesto lavorativo, così come per le condotte di violenza, sono suscettibili di essere qualificate come giusta causa di licenziamento, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di risoluzione del rapporto di lavoro.

 

Come la legge inquadra le molestie sui luoghi di lavoro (Decreto Legislativo 198 del 2006)

Il Codice delle Pari Opportunità definisce, ai sensi dell’art. 26, le molestie e le molestie sessuali consumate nei luoghi di lavoro, come comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

Il Codice considera discriminanti e molesti anche quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

Infine, il Codice considera come discriminatori anche i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai commi 1 e 2 o di esservisi sottomessi.

 

Quando si ha diritto ad un risarcimento danni

Nel caso in cui si fosse vittima di condotte violente o moleste nel contesto lavorativo, è bene sapere che in alcuni casi è possibile richiedere ed ottenere il risarcimento del danno subito.

Ciò è possibile a patto che si sia manifestato realmente un danno, che vi sia un comportamento illegittimo altrui, che vi sia un nesso eziologico tra il comportamento scorretto ed il danno subito ed, infine, si deve provare che l’eziologia tra il comportamento ed il danno sia effettiva.

   

Come un avvocato può aiutare nella gestione di questa problematica

Avere un avvocato a proprio fianco nel caso in cui si fosse vittima di violenza nei luoghi di lavoro è importante. Consultarsi con un esperto fin da subito, infatti, può aiutare a capire come comportarsi e come agire per far valere i propri diritti.

Inoltre, fornendo tutte le informazioni necessarie al tuo avvocato di riferimento, potrai anche valutare di agire in giudizio per poter ottenere una tutela risarcitoria in tuo favore.

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