TFR: quando il coniuge ha diritto ad una quota anche in caso di separazione o divorzio

03 Agosto 2023 - Redazione

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Quando nasce il diritto al TFR

Il TFR, acronimo di Trattamento di Fine Rapporto, è un istituto contemplato dal sistema previdenziale italiano che riguarda il diritto dei lavoratori dipendenti a ricevere una somma di denaro al momento del termine del rapporto di lavoro.

Si tratta di una sorta di riserva economica accumulata durante l'intera carriera lavorativa del dipendente che viene erogata in caso di pensionamento o cessazione del rapporto per motivi diversi.

È l'articolo 2120 del Codice Civile a disciplinarlo e stabilire che il datore di lavoro è obbligato a versare una somma di denaro, calcolata in base a determinati criteri, in un apposito fondo di previdenza che sarà poi utilizzato per erogare il TFR; il versamento deve avvenire entro un certo termine previsto dalla legge.

Secondo il codice, esso viene calcolato sulla base dell'ultima retribuzione percepita e tiene conto della durata del rapporto di lavoro. 

 

TFR: quando il coniuge ha diritto ad una quota anche in caso di separazione o divorzio

In caso di separazione o divorzio, il coniuge può avere diritto a una quota del TFR accumulato dal lavoratore durante il matrimonio, tuttavia questo diritto dipende da circostanze specifiche; innanzitutto se è stato stipulato un accordo tra i coniugi, ad esempio attraverso un contratto di separazione o un accordo di divorzio consensuale: questo significa che possono stabilire come dividere il TFR accumulato durante il matrimonio in modo equo o secondo le loro preferenze.

Al contrario, in assenza di un accordo, il coniuge che non ha maturato direttamente il TFR può richiederne una quota; questo diritto gli viene riconosciuto qualora dimostri di aver contribuito all'attività lavorativa del coniuge lavoratore o al mantenimento della famiglia durante il matrimonio, e tale contributo può essere stato sia di natura economica che non economica.

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Quando nasce il diritto al TFR

Il diritto al Trattamento di Fine Rapporto nasce nel momento stesso in cui viene instaurato un rapporto di lavoro subordinato tra un lavoratore dipendente e un datore di lavoro, ma per goderne è necessario che si maturino almeno tre anni di anzianità lavorativa.

Una volta raggiunta questa quota, il datore è obbligato a versare una somma in un apposito fondo di previdenza, per poi essere utilizzato al momento opportuno.

È importante sottolineare che il diritto al TFR non viene meno in caso di licenziamento o dimissioni volontarie da parte del lavoratore: indipendentemente dalla causa che determina la cessazione del rapporto quindi, il lavoratore ha diritto a ricevere il TFR corrispondente al periodo di servizio svolto.

 

A quanto ammonta la quota del TFR in busta paga

Il calcolo della quota annua del TFR viene effettuato dividendo lo stipendio, incluse tredicesima e quattordicesima, per 13,5; la cifra accantonata subisce una rivalutazione dell’1,5% in base ai mesi effettivi lavorati durante l’anno, più una parta legata all’indice ISTAT dei prezzi dei beni al consumo.

Ricordiamo che, dal momento che il calcolo del TFR avviene in base all'ultima retribuzione percepita prima della chiusura del rapporto, se il lavoratore ha goduto di aumenti salariali nel corso della sua carriera ciò influenza l'ammontare del TFR.

Va notato poi che il TFR è considerato un diritto patrimoniale del lavoratore e pertanto, in determinate circostanze, può essere oggetto di cessione, anticipazione o utilizzo per finalità specifiche come ad esempio l'acquisto di una casa o l'avvio di un'attività imprenditoriale.

In ogni caso però il lavoratore ha diritto a ricevere l'intero importo del TFR maturato al momento del termine del rapporto di lavoro, salvo diversi accordi stabiliti con il datore.

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Cosa dice l'articolo 12 bis della legge divorzile

Cosa accade al TFR nel momento in cui si divorzia?

L’articolo 12-bis, primo comma, della legge sul divorzio stabilisce che all’altro coniuge spetta una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’ex al momento della chiusura del rapporto lavorativo, anche se l’indennità matura dopo la sentenza.

La percentuale succitata ammonta al 40% del TFR che è stato accantonato per tutto il periodo in cui il matrimonio era ancora in essere, quindi nel momento in cui si conclude il rapporto lavorativo la somma accumulata durante la vita matrimoniale viene ripartita fra i coniugi, attribuendone il 60% al lavoratore e il 40% all’ex coniuge.

Se però prima della presentazione della domanda di divorzio il lavoratore ha goduto di acconti sul TFR, nulla sarà dovuto all’altro coniuge e le somme potranno essere spese dal lavoratore a proprio piacimento, e lo stesso dicasi se l’acconto viene incassato dopo la presentazione della domanda di divorzio.

In altre parole, nel caso in cui il lavoratore avesse chiesto delle anticipazioni sul TFR che siano state percepite prima del divorzio, la quota cui ha diritto l’ex coniuge divorziato si calcola sull’ammontare del TFR liquidato al lavoratore dopo la sentenza di divorzio al netto delle anticipazioni.

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Quali sono i presupposti perché una quota del TFR spetti all'ex coniuge

La stessa legge sul divorzio prevede delle condizioni al godimento del TFR da parte dell’ex coniuge, è infatti necessario che:

  1. Si sia proceduto col divorzio: non basta essersi separati, ma aver divorziato; si può tuttavia avere diritto alla quota di TFR dal momento della domanda di divorzio anche se non è ancora intervenuta la sentenza; da notare che ai fini del calcolo dell’importo è compreso anche il periodo durante il quale la coppia è stata separata prima di avviare la pratica di divorzio
  2. Il richiedente non sia passato a nozze successive mentre al contrario non ha alcuna influenza la nuova situazione sentimentale del titolare del TFR
  3. Il richiedente percepisca l’assegno divorzile

Si aggiunge che la quota spettante all’ex coniuge va conteggiata sul netto e non sul lordo, perché in caso contrario il titolare sarebbe tenuto a corrispondere all’ex una quota che in realtà non ha percepito per via del carico fiscale.

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In quali casi una quota del TFR non spetta all'ex coniuge?

In relazione a quello che si è detto sinora è evidente che la richiesta non può essere avanzata qualora:

  1. Non sia stata pronunciata sentenza di divorzio (se un coniuge ha ricevuto il TFR nel corso del giudizio di separazione personale nulla sarà dovuto all’altro)
  2. Il TFR sia stato incassato dopo il giudizio di separazione ma prima del deposito della domanda di divorzio
  3. Il coniuge si sia dimesso o sia stato licenziato prima che l’avvocato depositasse presso la cancelleria del giudice il ricorso per ottenere il divorzio; in questo caso il TFR sarà preso in considerazione solo per valutare la situazione economica per la definizione dell’assegno di mantenimento all’altro coniuge
  4. Il TFR sia stato anticipato durante il matrimonio
  5. Il coniuge richiedente si sia risposato; a questo proposito, nulla si dice in merito ad un’eventuale convivenza
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Cosa succede in caso di decesso del coniuge obbligato a versare la quota del TFR

In caso di decesso del titolare del TFR, la quota stabilita spetta comunque all’ex.

Tuttavia, qualora il defunto si sia risposato, il diritto succitato concorre con quello del nuovo coniuge, per cui spetterà al tribunale determinare l’ammontare della quota di TFR spettante in base alla durata del matrimonio, all'ammontare dell’assegno divorzile, alle condizioni economiche degli eredi ed alla durata dell’eventuale convivenza con l’ex coniuge prima del matrimonio.

 

Come e quando fare richiesta per la quota divorzile del TFR

La domanda può essere presentata nello stesso momento della richiesta di divorzio e di assegno conseguente oppure successivamente, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, in caso di sussistenza dei requisiti richiesti.

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A chi rivolgersi e come trovare l'avvocato più adatto per questa situazione

Inutile negare che esistono dei punti di criticità, come quelli legati agli acconti percepiti durante il matrimonio oppure quelli legati ad un eventuale caso appena citato di nuovo matrimonio del titolare defunto del TFR, e poiché più di una decisione spetta al giudice, che sarà appunto tenuto a considerare fattori come la durata del matrimonio, il contributo del coniuge non lavoratore alla vita familiare e all'attività lavorativa del coniuge lavoratore, nonché le condizioni economiche complessive delle parti coinvolte, è sempre importante consultare un avvocato civilista specializzato in diritto di famiglia che possa fornire consulenza riguardo al diritto in oggetto.

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