Definizione e caratteristiche di possesso, proprietà e detenzione: quali sono le differenze e cosa distingue questi tre istituti giuridici?

12 Aprile 2023 - Redazione

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Azioni possessorie_Proprietà, possesso e detenzione: definizioni e differenze Azioni possessorie_Proprietà, possesso e detenzione: definizioni e differenze Azioni possessorie_Proprietà, possesso e detenzione: definizioni e differenze

Azioni possessorie: tutto quello che c'è da sapere

Nel nostro ordinamento giuridico quando si parla di possesso si fa riferimento non ad una situazione giuridica soggettiva, bensì ad un potere di fatto esercitato su un bene, mobile o immobile che sia.

In estrema sintesi, il possessore è colui il quale si comporta come se il bene su cui esercita il possesso fosse il proprio; a questo proposito il legislatore, ai sensi dell’art. 1140 c.c. definisce il possesso come il potere su una cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. 

Il fatto che il possesso però sia un “potere di fatto” non significa che il legislatore non gli abbia riconosciuto delle forme di tutele, infatti, così come il proprietario ha la possibilità di agire in giudizio al fine ottenere l’accertamento che quel determinato bene è il proprio, anche il possessore che ha subito lo spoglio, ovvero la sottrazione del bene a causa di terzi, ha la possibilità di agire in giudizio mediante l’azione di spoglio o l’azione di manutenzione del possesso.

Si tratta quindi di strumenti pensati appositamente per garantire una tutela anche al possessore che subisce una lesione da parte di terzi.

Ad essere precisi, l’azione di reintegrazione può essere esperita non solo dal possessore ma anche dal detentore, ovvero colui il quale detiene un bene sapendo che il possesso sullo stesso è esercitato da un altro soggetto.

Questo significa che il detentore, diversamente dal possessore, non esercita nessun’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà, o di altro diritto reale, sul bene che detiene.  Le norme di riferimento per l’azione di reintegrazione, o azione di spoglio che dir si voglia, sono gli art. 1168 e 1169 c.c.

                                       

 

Cosa si intende con la relativa azione di spoglio

Come sopra anticipato l’azione di spoglio, o azione di reintegrazione del possesso, è disciplinata dagli art. 1168 e 1169 c.c. La prima norma citata dispone che, chi è stato violentemente ed occultamente spogliato del possesso può, entro 12 mesi dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo.

L’azione è altresì concessa, come precisato, anche al soggetto detentore, tranne per il caso in cui l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità, si pensi ad esempio all’accoglienza gratuita e temporanea di amici e parenti in un determinato immobile.

Ancora, l’art. 1168 c.c. precisa che nel caso in cui lo spoglio dovesse essere clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione del possesso decorre solamente dal giorno della scoperta dello spoglio.

Giunti a questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda: ma concretamente cos’è l’azione di spoglio? E a cosa serve?

In poche parole, attraverso l’esperimento dell’azione di spoglio, il possessore può chiedere al giudice di ottenere nuovamente il possesso del bene di cui è stato spogliato, perciò ove venga accolta la domanda il giudice ripristinerà il possesso in favore del possessore, ad ogni effetto utile di legge.

Pertanto, lo scopo di quest’azione non è quello di far accertare la proprietà del bene, ovvero di chi sia il bene spogliato, anche perché anche il ladro del bene è legittimato ad agire in giudizio con una reciproca azione di spoglio.

Lo scopo dell’azione è quindi quello di ripristinare la situazione possessoria, ovvero di riottenere il possesso del bene a prescindere dall’accertamento della titolarità del bene stesso.

L’azione in esame ha dunque una funzione essenzialmente recuperatoria del bene; tuttavia, perché possa aversi tale risultato è necessario che chi ha operato lo spoglio abbia ancora l’effettiva disponibilità del bene oggetto della controversia.

Se però il bene spogliato dovesse essere stato trasferito ad un terzo, il quale a sua volta fosse stato a conoscenza dell’avvenuto spoglio, l’azione di reintegrazione potrà essere esperita anche nei suoi confronti al fine di ottenere il bene.

azioni a difesa della proprietà  

Cosa si intende con spoglio clandestino

Uno degli elementi essenziali, una sorta di presupposto indefettibile, per poter esperire la domanda di reintegrazione del possesso è l’avvenuto spoglio, il quale può essere anche “clandestino”.

Prima di capire cosa significhi “spoglio clandestino” è necessario soffermarsi sul concetto di spoglio; in estrema sintesi, colui il quale viene spogliato dal possesso perde il potere di fatto sulla cosa a causa del comportamento altrui. La Giurisprudenza più volte ha precisato che possano rientrare nella casistica di spoglio tutte quelle modifiche che pregiudicano ed impediscono il potere del possessore, anche attraverso il posizionamento di recinti, cancelli etc..., o anche attraverso mutamenti di destinazione economica del bene.

Per clandestinità dello spoglio si intende in poche parole, uno spoglio, sempre violento, posto in essere all’insaputa del soggetto possessore e dunque senza il suo consenso.

Tale connotazione della condotta incide inevitabilmente sul termine di un anno entro il quale è possibile esperire l’azione ai sensi di cui all’art. 1168 c.c; infatti, in tal caso l’azione deve essere esperita entro un anno decorrente non già dal fatto, ovvero dall’avvenuto spoglio, bensì dalla sua scoperta.

La Giurisprudenza ritiene che sussista la “clandestinità” dello spoglio quando il possessore, usando l’ordinaria diligenza del buon padre di famiglia, ed avuto riguardo alle concrete circostanze in cui lo spossessamento si è verificato ed è stato mantenuto, si sia trovato nell’impossibilità di averne conoscenza.

All’elemento cosiddetto “oggettivo” occorre cumulare anche l’elemento “soggettivo” concernente lo spoglio, ossia il cosiddetto animus spogliandi per intendere la consapevolezza di volersi sostituire all’attuale possessore, o detentore che sia, contro la sua volontà.

In poche parole, è necessario che colui il quale pone in essere lo spoglio lo faccia con la consapevolezza di ledere l’altrui possesso.

 

Come difendersi dalle azioni di spoglio e quali sono le possibili azioni a tutela del possesso

Come sopra anticipato quindi le azioni a tutela del possesso sono essenzialmente due nel nostro ordinamento giuridico:

  • L’azione di manutenzione del possesso
  • L’azione di spoglio

Oltre a tali azioni è possibile anche richiedere, secondo un orientamento giurisprudenziale piuttosto consolidato, il risarcimento del danno ex art. 2043 c.c, ed è necessario sottolineare come oltre a queste due azioni pensate appositamente per tutelare il possesso, esistano in realtà anche altre due azioni suscettibili di essere esperite per tutelare i propri beni, sia dal possessore sia dal proprietario (o dal titolare di qualsiasi altro diritto reale di godimento.)

Si tratta delle azioni di nunciazione, disciplinate dagli art. 1171 e 1172 del Codice Civile, che non tutelano propriamente il possesso ma possono essere esperite anche dal possessore. Entrambe le azioni, infatti, hanno come scopo quello di ottenere un provvedimento che protegga il soggetto, proprietario o possessore, da un danno grave e prossimo che possa derivare da un bene o da un’attività altrui.

Ad esempio, l’azione di nuova opera può essere esperita dal possessore di un bene che, in virtù dei lavori posti in essere da soggetti terzi nei pressi del bene su cui esercita il possesso, teme possa essere leso.

L’azione di danno temuto, invece, può essere esperita ad esempio nel caso in cui il proprietario, o il possessore, di un bene, ad esempio una casa, teme che l’albero del vicino possa cadere e arrecare danni al proprio immobile, pertanto, agisce al fine di ottenere misure cautelari e ridurre i rischi di danno. 

Premesso ciò, ora occorre caprie come fare per tutelarsi nel caso in cui venga esperita nei propri confronti un’azione di spoglio.

Le eccezioni sollevabili in realtà, sono molteplici ad esempio è possibile eccepire l’ormai intervenuta decadenza in quanto l’azione deve essere esercitata entro l’anno dal sofferto spoglio; ancora, è possibile dimostrare che in realtà non vi è stato alcuno spoglio poiché il bene è stato in realtà consegnato spontaneamente dal possessore in forza di un titolo idoneo, oppure è possibile eccepire l’ormai intervenuta usucapione che legittima pienamente l’attuale possessore al possesso del bene, essendone ormai pieno proprietario.

azioni di reintegrazione o azioni di manutenzione  

Chi spetta e chi può fare domanda per l'azione di manutenzione

Per quanto concerne la legittimazione attiva, ovvero chi può agire in giudizio, l’art. 1170 c.c. stabilisce che "può esperire l’azione di manutenzione colui che è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o un’universalità di mobili entro un anno dalla turbativa".

Il secondo comma stabilisce tra l'altro che l’azione è data solo se il possesso dura da oltre un anno ed è stato continuo, ininterrotto e non è stato acquistato in modo violento o clandestino. In quest’ultimo caso, infatti, l’azione può essere esercitata solo decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

Infine, l’ultimo comma dell’art. 1170 c.c. stabilisce che anche colui il quale ha subito uno spoglio non violento o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso, a patto però che ricorrano le condizioni sopra descritte. Precisato chi può esperire l’azione di manutenzione, è bene precisare ora a cosa serve effettivamente quest’azione; l'azione di restituzione ha lo scopo di ottenere nuovamente il possesso del bene, viceversa, l’azione di manutenzione ha uno scopo diverso poiché è finalizzata a garantire la “qualità” del possesso.

 

Cosa si intende con molestie e disturbi

La molestia o la turbativa è una indebita ingerenza di un terzo ai danni del possessore, non grave come lo spoglio; ad esempio configurano molestie la violazione delle distanze legali previste dalla legge, le immissioni intollerabili di vapori, fumi, l’innalzamento di un muro di cinta che limita l’afflusso della luce o dell’aria.

La Giurisprudenza ha precisato che la lesione che deriva dalla molestia deve essere reale, effettiva e non saltuaria e può essere anche di diritto. Le molestie infatti non si configurano solamente con comportamenti materiali ma anche di diritto, ad esempio, con atti giudiziali o stragiudiziali mediante i quali si contesta l’altrui potere, finalizzati ad incutere in altri un timore di imminenti azioni materiali contrastanti con l’altrui possesso.

Ad esempio, la minaccia di utilizzare un diritto in modo non conforme a legge. 

 

Entro quanto tempo dalla turbativa va presentata l'azione di manutenzione

Ai sensi dell’art. 1170 c.c. l’azione di manutenzione deve essere presentata entro un lasso di tempo ben preciso.

Il possessore che è stato molestato nel possesso di un immobile o di un’universalità di mobili può esercitare l’azione in questione entro un anno dall’inizio della turbativa a patto che il possesso da tutelare duri da oltre un anno, in modo continuo e non interrotto.

La funzione di questa azione giudiziale è quella di far cessare immediatamente la molestia in atto e di impedire così future turbative da parte di terzi in modo da consentire al possessore molestato di continuare l’esercizio del proprio potere in modo pieno ed invariato.

Ai sensi dell’art. 21 del Codice di procedura civile, il giudice competente innanzi al quale è possibile presentare l’azione di manutenzione e le azioni possessorie in generale, è il giudice del luogo nel quale è avvenuto il fatto denunciato, e non del luogo in cui si sono verificati gli effetti della condotta molesta.

Si tratta tra l’altro di competenza inderogabile, salvo che non sia già pendente un giudizio petitorio, ovvero avente per oggetto l’accertamento della proprietà di un bene, o di perito. In tali casi, infatti, la domanda di tutela possessoria o cautelare deve essere proposta al giudice dinanzi al quale tali giudizi sono stati incardinati.

avvocato civilista per azioni possessorie  

Come presentarla con l'aiuto di un legale

Stabilire dove agire in giudizio e dove presentare, concretamente, le azioni possessorie potrebbe non essere una cosa semplice.

Questo perché stabilire dove si sia effettivamente manifestata la condotta lesiva e non dove gli effetti di quest’ultima si sono manifestati concretamente, potrebbe non essere di semplice intuizione.

La domanda che ai sensi dell’art. 703 c.p.c. disciplina e norma la forma della domanda introduttiva del procedimento, deve essere presentata con ricorso e deve avere tutti i requisiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c.

Deve quindi contenere le istanze del ricorrente, le allegazioni, l’articolazione dei mezzi istruttori etc. Pertanto, in questi casi è necessario rivolgersi ad un avvocato civilista competente al fine di tutelare il proprio possesso. Se sei alla ricerca di un professionista, Quotalo.it è la piattaforma che fa per te. Grazie a Quotalo puoi metterti in contatto con l’avvocato più vicino a te a cui chiedere una consulenza dettagliata.

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