Adr: cosa sono e qual è il ruolo dell'avvocato specializzato in arbitrati

16 Aprile 2024 - Redazione

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Adr: cosa sono e qual è il ruolo dell'avvocato

I privati normalmente quando devono risolvere una controversia si rivolgono ad un Giudice terzo ed imparziale al fine di ottenere una sentenza di merito. In realtà, l’ordinamento giuridico riconosce ai privati strumenti alternativi al processo, ormai sempre più lento, costoso e farraginoso.

Si tratta dei cosiddetti ADR, ovvero, gli Alternative Dispute Resolution, metodi di risoluzione delle controversie alternativi al procedimento giudiziale. Più precisamente, quando si parla di ADR si fa riferimento alla mediazione, alla negoziazione assistita e, come anticipato, all’arbitrato.

L’arbitrato è un istituto giuridico mediante il quale due o più parti risolvono una controversia tra loro intercorrente, non attraverso una sentenza emessa dal Giudice, bensì attraverso il lodo emesso da un arbitratore.

Nonostante sia un rimedio poco conosciuto dai consociati, l’arbitrato è un’ottima alternativa al processo, capace di offrire importanti vantaggi che saranno oggetto di disamina.

Passando alla definizione di arbitrato, invece, può essere definito come una forma di risoluzione di controversie private, una sorta di attuazione del principio di autonomia privata, che consente ai consociati di trovare un assetto ai propri interessi non solo nella fase fisiologica ma anche nella fase c.d. patologica del loro rapporto.

Tale assetto viene concretamente raggiunto dalle parti mediante l’affidamento della controversia ad un soggetto terzo, l’arbitro appunto, oppure a più soggetti terzi che formano il c.d. collegio arbitrale.

 

Descrizione del processo di arbitrato e delle sue caratteristiche principali

La decisione di devolvere la propria controversia non ad un organo giurisdizionale bensì a soggetti terzi, che non appartengono alla giurisdizione statale, avviene attraverso la convenzione d’arbitrato.

Quest’ultima può avere sia la forma di compromesso, ove la controversia sia già sorta, oppure la clausola compromissoria, se è concernente le controversie che non sono attuali ma che potrebbero però sorgere tra le parti.

Per poter concretamente accedere a questa forma di ADR, è necessario un atto di volontà delle parti interessate, in caso contrario, dovranno adire il Giudice competente.

Ciò premesso però occorre precisare che non tutte le controversie sono devolvibili agli arbitri e, di conseguenza, sottrarli alla competenza dei Giudici. Sul tema, l’art. 806 c.c. stabilisce che le parti possono far decidere le controversie tra loro intercorrenti da arbitri, a patto che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto previsto dalla legge.

Dalla lettura della norma è agevole comprendere che il legislatore ha sottratto dall’arbitrato due categorie di controversie, quelle che sorgono su diritti indisponibili alle parti e le liti che, per espressa disposizione di legge, non possono essere devolute agli arbitri.

Alla luce di quanto esposto, è chiaro che il primo step per poter avviare un procedimento arbitrale è la predisposizione delle parti di un compromesso oppure di una clausola compromissoria.

L’avvio della procedura arbitrale, normalmente disciplinato da apposito regolamento, è rimessa alla volontà delle parti. La scelta della sede dell’arbitrato, infatti, è completamente rimessa alle parti, in mancanza di una loro decisione, vi provvederanno direttamente gli arbitri.

In via residuale, l’art. 816 c.p.c. stabilisce il c.d. principio di territorialità in virtù del quale la sede dell’arbitrato s’intende quella del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato e, ove questa sia stata stipulata all’estero, la sede è Roma.

Per quanto concerne le modalità operative, invece, esse dipendono dalle regole che le parti si sono date nell'apposita convenzione arbitrale. In assenza di regole predisposte dalle parti gli arbitri possono regolare lo svolgimento della procedura nel modo che ritengono migliore, nel rispetto ovviamente del principio del contraddittorio ai sensi dell’art. 816 bis c.p.c.

La difesa tecnica, invece, (ovvero quella svolta da un legale), è facoltativa. La prima fase è quella istruttoria, ispirata chiaramente al principio di collegialità, ed è finalizzata all’assunzione degli eventuali mezzi di prova.

In questa fase è possibile anche che avvenga la concessione di provvedimenti cautelari, ai sensi dell’art. 818 c.p.c. in virtù della novella introdotta proprio dalla Riforma Cartabia.

La fase conclusiva, invece, è caratterizzata dal lodo arbitrale il quale deve essere pronunciato, ai sensi dell’art. 820 c.p.c. nel termine indicato dalle parti, oppure, nel termine di 240 giorni dall’accettazione della nomina da parte degli arbitri, salvo proroga.

Una volta emesso, il lodo, unitamente alla convenzione di arbitrato, va depositato nella cancelleria del Tribunale del cui circondario è la sede dell’arbitrato affinché venga reso esecutivo dall’autorità giudiziaria. Ai sensi dell’art. 825 c.p.c. il lodo reso esecutivo è soggetto poi a trascrizione oppure ad annotazione, a seconda dei casi, in tutti i casi in cui vi sarebbe soggetta a sentenza del medesimo contenuto.

 

Differenze tra arbitrato e altri metodi di risoluzione delle controversie

Come anticipato, l’arbitrato rientra nel novero degli ADR ed è un istituto che si distingue sia dalla mediazione che dalla negoziazione assistita. Non solo, l’arbitrato si distingue nettamente anche dalla classica controversia giudiziale.

Con riferimento a quest’ultima, infatti, il giudizio di rito è incardinato e si svolge secondo le regole contenute nel Codice di procedura civile dinanzi all’autorità giurisdizionale competente.

Infine, il processo vero e proprio si conclude con una decisione del Giudice che assume la forma di sentenza, che può essere di rito o di merito a seconda dei casi, viceversa, l’arbitrato si conclude, come anticipato, con un lodo.

L’arbitrato ovviamente non deve essere confuso con la mediazione, nonostante siano entrambi strumenti che rientrano tra gli ADR.

La mediazione, infatti, serve essenzialmente ad evitare una controversia, mentre l’arbitrato serve non già a scongiurarla bensì a risolverla. In poche parole, ci si rivolge ad un mediatore per evitare di dover fare i conti con una controversia, viceversa, l’arbitratore, così come il Giudice, è chiamato a risolvere una controversia sorta tra due o più soggetti.

Infine, l’arbitrato, sia nella sua forma rituale che irrituale, non deve essere confuso nemmeno con la c.d. negoziazione assistita. Quest’ultima, infatti, è l’accordo con cui le parti si impegnano a risolvere una determinata controversia in modo amichevole, e di cooperare in buona fede e lealtà con l’assistenza dei propri legali.

In altre parole, la controversia viene risolta non da un soggetto terzo ed imparziale (come accade nel contenzioso giurisdizionale o nel caso dell’arbitrato) bensì dalle parti stesse attraverso però l’ausilio dei legali.

 

Tipologie di arbitrato

Quando si parla di arbitrato, in realtà, occorre fare una distinzione importante. Infatti, all’interno del nostro ordinamento giuridico coesistono ben due forme diverse di arbitrato, quello rituale e quello irrituale.

Di comune hanno solamente il fatto che le parti protagoniste abbiano espresso, per iscritto, la loro volontà di risolvere una controversia tramite un arbitro e non facendo ricorso ad un Giudice terzo.

La differenza essenziale tra queste due tipologie di arbitrato riguarda essenzialmente l’efficacia del lodo adottato dall’arbitro. Infatti, il lodo c.d. arbitrale ha la medesima efficacia di una sentenza di merito, ed è dunque un titolo esecutivo vero e proprio.

Viceversa, quello irrituale, non può diventare un titolo esecutivo, può essere utilizzato però per chiedere un decreto ingiuntivo, oppure, come prova documentale utile per un eventuale giudizio di merito dinanzi all’autorità giudiziale competente. Dopo aver brevemente analizzato le differenze tra le due tipologie di arbitrato, è bene analizzarli autonomamente.

L’arbitrato rituale, ruota attorno al pieno rispetto del principio del contraddittorio, e garantisce la parità delle armi processuali tra le parti. Tendenzialmente, quello rituale tende ad emulare la procedura racchiusa all’interno del codice di procedura civile.

Quello irrituale, invece, ai sensi dell’art. 808 ter c.p.c. è regolato dall’accordo raggiunto tra le parti e gli arbitri fungono da veri e propri mandatari delle parti stesse, più che da giudici (come nel caso di arbitrato rituale invece).

Questa diversità si riflette anche sul profilo dell’impugnazione del lodo. Infatti, il lodo emanato in sede di arbitrato irrituale è suscettibile di essere impugnato ma solo per gli stessi motivi per i quali sarebbero ritenuti invalidi dei qualsiasi contratti, e non per iniquità.

Pertanto, se l’arbitro (c.d. mandatario) decide con professionalità nel rispetto del regolamento fissato dalle parti, è assolutamente vincolante per le parti, in caso di inadempimento del lodo le parti potranno ricorrere al Giudice competente. Viceversa, in caso di lodo rituale, quest’ultimo è già titolo esecutivo che consentirebbe alla parte non inadempiente di agire in esecuzione e soddisfare le proprie pretese.

 

Il ruolo dell’avvocato nel processo di arbitrato

Tendenzialmente quando due soggetti decidono di risolvere una controversia non instaurando una causa dinanzi al Tribunale competente bensì dinanzi ad un arbitro o ad un collegio arbitrale, non è detto che si faccia assistere da un legale.

Diversamente dalla causa vera e propria, nell’arbitrato la parte può decidere di non farsi assistere da un legale rappresentante ma di rappresentarsi da sola. Ciò ovviamente non significa che sia sempre la scelta più saggia, anche perché non bisogna dimenticarsi che, nonostante non ci sia un Giudice, il procedimento arbitrale si conclude con un lodo che, di fatto, potrebbe avere effetti molto simili ad una sentenza.

Spesso accade che anche in caso di arbitrato le parti decidano di farsi assistere da un legale. Tra l’altro, non bisogna commettere l’errore di considerare come “semplici” le controversie solo perché delegate ad un arbitro.

Anche queste controversie, infatti, possono risultare complesse e ricche di questioni tecniche che, per poter essere comprese ed affrontate come si deve, è necessario essere in possesso di conoscenze specifiche.

Dunque, l’avvocato potrebbe giocare un ruolo importantissimo fin dalle prime battute del procedimento arbitrale, ad iniziare dalla predisposizione del regolamento della procedura fino all’impugnazione del lodo conclusivo.

Infine, è doveroso precisare che l’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro è tenuto ad improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e a vigilare che il procedimento si svolga con imparzialità ed indipendenza, ai sensi dell’art. 55 del Codice Deontologico degli avvocati.

Ciò significa, dunque, che possono essere anche gli avvocati arbitri e, ove svolgano tale funzione, devono comportarsi seguendo ciò che dispone l’art. citato.

 

Competenze chiave richieste per un avvocato specializzato nell’arbitrato

Diversamente da come si potrebbe pensare, non esiste la figura dell’avvocato “tuttologo”, ovvero, specializzato in ogni branca del diritto. Ognuno, infatti, decide di specializzarsi in un determinato settore in modo da poter approfondire al meglio determinate tematiche e normative.

Esistono, tra l’altro, avvocati che hanno deciso di specializzarsi proprio nel settore degli ADR, e precisamente in materia di arbitrati. Ma quali sono le competenze chiave che dovrebbero avere questi legali?

Innanzitutto, è importante che abbiano un’ottima conoscenza del diritto in generale, che oscilla dal diritto civile, commerciale, dell’impresa, del lavoro, previdenziale e così via. Le controversie che possono essere oggetto di arbitrato, infatti, possono essere di ogni tipo, quindi è importante avere un buon rapporto con il diritto in generale, sia dal punto di vista sostanziale che processuale.

Un’altra competenza essenziale che dovrebbe avere un avvocato che opera in questo settore è conoscere la normativa in materia di mediazione, negoziazione ed arbitrato, nonché, una buona capacità di persuasione.

In sede di arbitrato, specie quello irrituale, l’avvocato ha più margini di manovra e non è legato a ciò che dispone il Codice di procedura civile, il che significa che si potrebbero trovare delle soluzioni “mediane” con maggior semplicità, su accordo delle parti chiaramente.

Infine, è importante che abbia anche una discreta conoscenza di una o più lingue straniere, l’inglese potrebbe essere un must, e che abbia una discreta conoscenza anche della normativa europea ed internazionale, in modo da avere una visione globale.

 

Sfide e opportunità nell'arbitrato: applicazione dell'arbitrato in vari settori

L’arbitrato è uno strumento che permette di risolvere svariate tipologie di controversie, non a caso, specie negli ultimi anni, si è rivelato essere uno strumento che trova applicazione in svariati settori, come ad esempio quello commerciale, dello sport, del lavoro, delle costruzioni etc.

Il filo rosso che collega tutti questi settori in cui viene applicato l’arbitrato è la volontà delle parti di risolvere una controversia senza dover passare per un Giudice, con tutte le conseguenze in termini di tempistica e di costi.

Chiaramente anche in questi settori valgono i medesimi limiti sopra accennati, ovvero, non possono essere oggetti di arbitrato le controversie che vertono su diritti indisponibili o su materie che, per precisa disposizione di legge, sono sottratte all’autonomia negoziale.

Il settore dove questo strumento trova maggior applicazione è proprio quello commerciale, dove spesso sorgono liti concernenti l’uso del marchio altrui, del brevetto altrui, senza il consenso, difetti di progettazione, concorrenza scorretta e così via.

In tali casi, l’interesse delle parti è quello di concludere nel minor tempo possibile le controversie al fine di ridurre al minimo i danni che derivano dall’altrui condotta illecita. Ed è proprio questo il motivo per il quale, nel settore commerciale, l’arbitrato risulta essere più appetibile rispetto al classico processo civile, caratterizzato, viceversa, da lentezza, farraginosità e costi notevoli da dover sopportare.

Alla luce di quanto esposto, una cosa è certa, visti i notevoli vantaggi che derivano dall’arbitrato, ormai quest’ultimo è diventato una vera e propria alternativa al classico procedimento giudiziale e questo fenomeno, con ogni probabilità, si estenderà a tanti altri settori del diritto.

 

Tendenze emergenti nel campo dell'arbitrato

Il progresso della tecnologia ha inciso notevolmente anche in materia di arbitrato. Un esempio lampante è dato proprio dall’arbitrato telematico, ovvero, l’arbitrato nel quale le parti e gli arbitri possono depositare e scambiare atti e documentazione mediante strumenti telematici.

In realtà quando si parla di arbitrato telematico si fa riferimento anche all’arbitrato tradizionale che, grazie all’uso della tecnologia, si svolge integralmente a distanza, senza dover comparire di persona dinanzi all’arbitro. Trattasi di forme di arbitrato nettamente più efficienti rispetto a quelle tradizionali perché permettono alle parti (e agli arbitri) di semplificarsi la vita, senza essere costretti ad osservare vincoli di forma che potrebbero rallentare l’iter.

La novità più interessante dell’arbitrato telematico è il c.d. lodo telematico il quale, secondo una interpretazione estensiva dell’art. 20 comma 1 bis CAD, potrebbe essere sottoscritto anche solo mediante firme digitali, senza apporre una firma di pugno.

Il medesimo documento informatico che contiene il lodo, può essere tranquillamente depositato in modo telematico presso il Tribunale competente al fine di ottenere l’omologa dello stesso, ad opera della parte che ha interesse a portarlo ad esecuzione, ai sensi dell’art. 825 C.p.c.

I vantaggi che derivano dall’arbitrato telematico sono notevoli, anzi, non è esagerato affermare che potrebbe addirittura dare un nuovo slancio allo strumento arbitrale.

Da un lato, permette di ridurre i tempi morti (spesso necessari per organizzare le riunioni arbitrali che si svolgono in presenza) dall’altro, risulta particolarmente comodo per quelle controversie di natura internazionale, in quanto permette il coinvolgimento (senza particolari difficoltà) di persone che magari si trovano dall’altra parte del mondo.

 

Costi per affrontare un arbitrato

Risolvere una controversia mediante l’arbitrato non è gratuito. Le parti, infatti, sono tenute ad affrontare alcune spese che possono variare a seconda di svariati fattori, come ad esempio la natura della controversia, il valore della controversia e dai legali.

Farsi difendere da un avvocato in un arbitrato ha un costo, il quale, a sua volta, varia a seconda del professionista a cui ci si rivolge.

Generalmente, per l’arbitrato rituale, occorre pagare le c.d. spese di avvio (il cui valore varia a seconda del valore della causa) e gli onorari arbitrari. Per quanto concerne il compenso degli avvocati, invece, per poterlo calcolare è sufficiente applicare i criteri indicati nel DM 147/2022.

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