Cosa si intende con azioni possessorie e tutela del possesso per l'ordinamento giuridico?

08 Maggio 2023 - Redazione

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Azioni possessorie: tutto quello che c'è da sapere

Le peculiarità del possesso consistono ed emergono nella loro interezza sotto il profilo della tutela.

Il possesso infatti non è che una mera situazione di fatto concretizzatasi nel potere che un soggetto esercita su un determinato bene; essi infatti riceve una specifica tutela giurisdizionale.

In poche parole al possessore spettano una pluralità di azioni a tutela del suo potere a prescindere dalle indagini in merito alla sua legittimazione.

Le azioni a tutela del possesso vengono definite “possessorie” in contrapposizione alle azioni “petitorie”, ovvero quelle esperibili a tutela dei diritti reali come ad esempio l'azione di rivendicazione, negatoria, confessoria eccetera.

Le azioni possessorie sono disciplinate puntualmente dagli art. 1168 c.c., norma che disciplina l’azione di reintegrazione del possesso, e dall’art. 1170 c.c. norma che disciplina l’azione di manutenzione del possesso.

Esistono altresì altre azioni, non propriamente possessorie, che possono essere esperite anche dal possessore, ovvero l’azione di nuova opera, di cui l'art. 1171 c.c., e l’azione di danno temuto il cui relativo articolo è il 1172 c.c. 

In realtà le azioni possessorie in molti casi sono dei rimedi che possono essere usufruiti anche dal proprietario o comunque da colui il quale vanta un diritto reale per tutelare i propri beni. 

 

Che cos'è il giudizio petitorio in procedura civile

Nel nostro ordinamento giuridico è possibile distinguere tra il giudizio possessorio ed il giudizio petitorio; quest ultimo, diversamente dal primo, ha come scopo quello di accertare l’esistenza del diritto reale sul bene oggetto della controversia, conseguentemente il giudizio petitorio può essere instaurato solo ed esclusivamente da coloro che si affermano essere proprietari del bene,o di altri diritti reali di godimento, a prescindere dalla disponibilità del possesso.

Le norme di riferimento del giudizio in esame sono gli articoli 704 e 705 c.p.c., che stabiliscono, rispettivamente, che le domande relative al possesso di un bene, per fatti che avvengono durante la pendenza di un giudizio petitorio, deve esse proposta dinanzi al giudice innanzi al quale è stata instaurata la causa petitoria. L’art. 705 c.p.c., invece, stabilisce che il convenuto nel giudizio possessorio non possa proporre il giudizio petitorio fin quando non sia definito quest’ultimo.

Il giudizio petitorio, diversamente da quello possessorio, è meno snello ed è finalizzato ad una sentenza di accertamento, grazie alla quale il giudice accerta la titolarità del diritto o meno.

Nel giudizio possessorio invece la finalità perseguita è quella di riottenere il possesso del bene a seguito di uno spoglio subito o la condanna del soggetto che turba l’altrui possesso.

 

Quali sono le singole azioni possessorie

Come sopra anticipato, nel Codice Civile sono racchiuse una pluralità di azioni finalizzate a tutelare il possesso.

Più precisamente, le azioni possessorie che possiamo definire “proprie”, sono:

  1. L’azione di reintegrazione del possesso in presenza di uno spoglio violento e clandestino, ai sensi dell’art. 1168 c.c;
  2. L’azione di manutenzione in presenza di molestie e turbative del possesso, ai sensi dell’art. 1170 comma 1 c.c.;
  3. L’azione di manutenzione con finalità recuperatorie in caso di spoglio non violento o clandestino (spoglio semplice), ai sensi dell’art. 1170 comma 2 c.c. 

Esistono altresì altre azioni che sono esperibili anche dal possessore del bene, ovvero l’azione di danno temuto e di nuova opera, ex art. 1171 e 1172 c.c.

 

Azione possessoria di reintegrazione o spoglio

L’azione di reintegrazione del possesso, anche detta azione di spoglio, è esperibile da chi è stato violentemente ed occultamente spogliato del bene entro e non oltre 12 mesi dall'avvenuto spoglio.

Ovviamente l’azione in questione può essere proposta anche nei confronti del proprietario del bene che abbia cercato di farsi giustizia da sé. Paradossalmente, anche il ladro di un bene può agire in giudizio al fine di tutelare il possesso del bene che ha rubato, e ciò perché nel nostro sistema ordinamentale l’autotutela non esiste, salvo per i casi espressamente previsti dalla legge.

Tra l’altro il possessore, una volta esperita l’azione in esame, è tenuto a dimostrare il suo possesso nonché l’avvenuto spoglio, mentre non è tenuto a giustificare il suo potere di fatto sul bene; infatti quest ultimo può sempre eccepire il “possideo quia possideo” ovvero, possiedo perché possiedo.

 

Violenza e clandestinità dello spoglio

Il tratto caratteristico dell’azione in esame è, ovviamente, l’aver subito uno spoglio violento o clandestino.

Lo spoglio può essere definito violento, in ossequio ad orientamento costante della giurisprudenza, quando viene effettuato senza o contro la volontà, anche solo presunta, del possessore: ciò significa che non occorre la violenza fisica, ma è sufficiente anche una mera violenza morale come ad esempio una minaccia.

Per quanto concerne la clandestinità dello spoglio, questa si ha quando nessuno, nelle condizioni del possessore, avrebbe potuto rendersi conto dello spoglio subito.

La clandestinità in senso oggettivo, invece, è intesa come mera ignoranza del soggetto che non ha compreso di aver perso il possesso del bene. 

chi può esercitare l'azione di spoglio

 

L’elemento oggettivo dello spoglio

Ma cosa significa “spoglio” precisamente? Purtroppo, il legislatore non ne fornisce una nozione.

In poche parole però si ha spoglio quando un soggetto viene privato del possesso di un bene contro la sua volontà. Secondo la giurisprudenza infatti si può parlare di spoglio quando si ha la sottrazione o la privazione del possesso, la restrizione o la riduzione delle facoltà inerenti al potere della vittima.

Ad essere precisi, la giurisprudenza considera spoglio anche quando l’aggressione determina un mutamento della destinazione economica del bene.

 

L’elemento soggettivo dello spoglio

Oltre all’elemento oggettivo sopra richiamato, per poter agire in giudizio, è necessaria anche la prova dell’elemento soggettivo, ovvero dell’animus spogliandi o turbandi.

In poche parole colui il quale è stato turbato nel possesso di un bene è tenuto a dimostrare l’intenzione della controparte di voler turbare il proprio possesso.

In alcuni casi la giurisprudenza si è spinta addirittura oltre e richiede addirittura la prova del dolo o della colpa della controparte.

Infine è bene precisare che l’animus non è escluso dal convincimento di aver agito nell’esercizio del proprio diritto.

Ad esempio, il fatto che un soggetto abbia turbato l’altrui possesso solo perché riteneva di essere erroneamente il proprietario del bene stesso non esclude l’elemento soggettivo in esame.

 

La reintegrazione contro acquirente consapevole dello spoglio

Ai sensi dell’art. 1169 c.c., l’azione di reintegrazione dello spoglio può essere domandata anche contro chi è nel possesso del bene in virtù di un acquisto a titolo particolare, fatto con la conoscenza dell’avvenuto spoglio. 

La norma in esame cerca perciò di tutelare la posizione di chi è stato turbato nel possesso di un bene da parte di un soggetto che, dopo aver ottenuto il bene contro la volontà del possessore, lo ha alienato a terzi.

La sua funzione è essenzialmente recuperatoria del bene che, dopo essere stato occultamente o violentemente sottratto dal soggetto che ne aveva il possesso, è stato trasferito un terzo che è consapevole della provenienza del bene.

In questo caso il legislatore ha deciso di tutelare colui che ha subito lo spoglio rispetto a colui che ha acquistato un bene sapendo dell’avvenuto spoglio.

 

Azione di manutenzione del possesso

L’azione di manutenzione è disciplinata dall’art. 1170 c.c. e non può essere esperita dal soggetto detentore. Più precisamente, la norma richiamata dispone che il possessore molestato nel possesso di un bene immobile, nel diritto reale su un immobile o universalità di mobili, può, entro un anno dalla turbativa subita, chiedere la manutenzione del possesso.

Diversamente dallo spoglio, il quale incide direttamente sulla cosa, la molestia va ad incidere sul godimento del bene, la quale invece permane nella sfera di disponibilità del possessore.

 

Cosa si intende per molestia e turbativa

Per molestia e turbativa si intende, in poche parole, qualsiasi attività volta ad arrecare disturbo al possessore, ovvero una vera e propria compressione delle facoltà in cui il possesso si concretizza.

Possono consistere in attentati materiali (le cosiddette molestie di fatto come ad esempio il taglio degli alberi, il passaggio sul fondo ecc...) Le molestie e le turbative possono altresì manifestarsi anche in atti di natura giuridica che facciano temere imminenti azioni che contrastano con la situazione possessoria.

   

La condizione per poter agire in giudizio

Una vera e propria condizione per poter agire in giudizio ai sensi dell’art. 1170 c.c. è che il possesso duri da almeno un anno, che esso sia continuo e non interrotto e che non sia stato acquistato in modo violento e clandestino.

In caso contrario l’azione in esame potrà essere proposta solo una volta decorso un anno dal giorno in cui esse sono venute meno. Il motivo è semplice, il legislatore vuole dare la possibilità al possessore di agire in giudizio con l’azione di reintegrazione.

Ancora, per poter agire in giudizio con l’azione in esame è necessario anche dimostrare la colpa o il dolo, salvo che sia diversamente disposto dalla legge. Infine, occorre precisare che colui il quale ha subito uno spoglio semplice, ovvero non violento e non clandestino, deve richiedere di essere reintegrato nel possesso se ricorrono le condizioni previste dal secondo comma dell’art. 1170 c.c., quindi, deve essere decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità sia cessata.

quali sono le azioni a tutela della proprietà  

Azioni possessorie di nunciazione

Le azioni di nunciazione non sono azioni propriamente possessorie perché possono essere esperite anche da altri soggetti e non solo dal possessore. Le azioni in esame infatti sono pensate per tutelare non solo colui che si trova nel possesso di un bene ma anche per tutelare il proprietario che non è nel possesso del bene, e sono essenzialmente due:

  1. Denunzia di nuova opera: espressamente disciplinata dall’art. 1171 c.c., che tutela chi teme che da una nuova opera stia per derivare un danno alla cosa oggetto del suo diritto o possesso. In questo caso, infatti, tali soggetti sono legittimati a denunziare il danno temuto alla autorità. L’azione deve essere iniziata da non più di 12 mesi dall’inizio dell’opera. In tal caso l’autorità giudiziaria può vietare la continuazione dell’opera, ovvero permetterla ma con le opportune cautele, ad esempio previa demolizione o riduzione.
  2. Denunzia di danno temuto: l'articolo 1172 c.c. dispone che chi teme che da un edificio o da un albero o da altra cosa, vi sia il pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziarlo all’autorità ed ottenere le giuste tutele. Si pensi a chi, ad esempio, non si prenda cura dell’albero che ha piantato nel proprio giardino e che, proprio a causa della sua negligenza, comporta il rischio che l'albero cada sulla casa del vicino. Diversamente dall’azione precedente, non ci sono limiti temporali all’esercizio dell’azione in esame.
 

Approfondimento sull'azione negatoria

Diversamente dalle azioni fino ad ora esaminate, l’azione negatoria è un'azione che tutela non il possesso bensì il diritto di proprietà.

Il rimedio in questione è disciplinato dall’art. 949 c.c. ed è concesso al proprietario che intende far accertare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa propria o anche far cessare le molestie o turbative connesse con l’affermazione del diritto altrui sulla cosa. In poche parole, l’azione è ammessa quando un soggetto affermi di avere diritti sul bene, o addirittura affermi di essere lui stesso il proprietario.

Diversamente dall’azione di manutenzione del possesso, in questo caso i terzi non pongono in essere condotte che “limitano” il godimento del proprietario.

Le condotte che legittimano l’azione negatoria sono quelle volte ad affermare sul bene altrui l’esistenza di diritti di godimento, come ad esempio una servitù inesistente, o l’usufrutto.

In poche parole lo scopo della norma in esame non è quello di far cessare l’altrui turbativa come nel caso delle azioni possessorie, ma di accertare la pienezza del diritto di proprietà di chi agisce in giudizio e, correlativamente, l’inesistenza del diritto vantato dal terzo.

 

A chi potersi rivolgere per esercitare un'azione possessoria

Per tutelare il proprio possesso dalle altrui turbative è necessario rivolgersi ad un avvocato specializzato nel diritto civile. Con un'adeguata consulenza, infatti, è possibile capire come fare per tutelare al meglio il proprio potere di fatto sul bene e far cessare le altrui turbative. Se sei alla ricerca di un avvocato civilista, Quotalo.it è la piattaforma che fa al caso tuo. Grazie noi potrai metterti in contatto con tantissimi professionisti dell'ambito legale (e non) e trovare quello più vicino a te a cui richiedere una consulenza.

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