Privacy videosorveglianza: tutela dei dati personali sulla via pubblica

19 Luglio 2015 - Redazione

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I sistemi di videosorveglianza sono sempre più utilizzati per tutelare la sicurezza della propria famiglia affinchè nessuno violi la propria proprietà. Moltissime aziende ma anche tanti cittadini privati oggigiorno tendono ad installare presso la propria abitazione una telecamera di videosorveglianza ma come comportarsi per essere a norma di legge quanto alla privacy?

Se infatti l’angolo di ripresa della videocamera include anche spazi pubblici e magari l’ingresso della casa di fronte, è buona norma domandarsi se ci si trova in ambito del trattamento dei dati personali, nell’applicazione della direttiva 95/46/CE, o se si è esclusi, in quanto si tratta di un'attività a carattere esclusivamente personale o domestico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della stessa direttiva.

Per aiutarci a dare una risposta è possibile citare un caso della Corte Amministrativa Suprema della Repubblica Ceca, affrontato con sentenza C-212/13, dalla Corte di Giustizia su un procedimento voluto dal Sig. F. Ryneš contro la decisione della Corte Municipale di Praga, di rigettare il ricorso del sig. Ryneš, avvallando così la decisione dell’Ufficio per la protezione dei dati personali.

Il sig. Ryneš, dopo aver subito diversi attacchi da ignoti, aveva installato un impianto di videosorveglianza con telecamera fissa sul cornicione della sua casa, per registrare le immagini su un disco rigido con cancellazione tramite sovrascrittura al raggiungimento della capacità massima del disco. Immagini che non venivano visualizzate in diretta ma che all'occorrenza potevano essere verificate, da parte del sig. Ryneš.

E proprio a “fagiolo”, qualcuno ruppe la finestra di casa del sig. Ryneš con un proiettile tirato con una fionda ma grazie alle immagini registrare, due individui sospetti furono identificati e le registrazioni prese dalla polizia. Tuttavia uno dei soggetti individuati fece ricorso all’Urad, chiedendo di verificare la legalità dell’impianto di videosorveglianza e successivamente il sig. Ryneš, per la legge nazionale 101/2000 sulla tutela dei dati personali, fu condannato per le seguenti violazioni:

  • aver raccolto i dati in qualità di titolare del trattamento dei dati senza avere il consenso dei soggetti ripresi in strada;
  • non aver informato i soggetti ripresi del trattamento, delle finalità e delle modalità;
  • non aver individuato i soggetti che potevano accedere ai dati;
  • non aver notificato il trattamento all’Urad.
La questione pregiudiziale che è sottoposta alla Corte di Giustizia quindi, gira attorno all’interpretazione dell’art. 3, par. 2, direttiva 95/46/CE, e mira a verificare se il trattamento effettuato dal sig. Ryneš può essere considerato realizzato da una persona fisica, per il mero esercizio di attività a carattere personale o domestico”, escludendolo in tal modo l’applicazione della direttiva.

Da qui, la Corte evidenzia la necessità di interpretare in modo più restrittivo la deroga al par. 2 del medesimo articolo della direttiva, in considerazione del fatto che le disposizioni della direttiva sono “suscettibili di ledere le libertà fondamentali ed in particolar modo, il diritto alla vita privata”.

Motivo per cui “devono necessariamente essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali” secondo la Carta dei Diritti fondamentali dell’Uomo, in quanto il diritto alla vita privata, garantito dall’articolo 7 della Carta “impone che le deroghe alla tutela dei dati personali e le limitazioni di queste ultime” debbano avvenire esclusivamente “nei limiti dello stretto necessario.

Un'impostazione avvallata dalle parole dello stesso articolo ove si richiama il “carattere esclusivamente personale o domestico”.

Come dalle parole dell’Avvocato Generale nelle proprie conclusioni, esiste quindi la necessità che vi sia un “legame esclusivo” tra il trattamento di videosorveglianza posto in essere e le attività personali e domestiche. Legame che nel caso del sig. Ryneš non sussiste ne con le attività personali, né con attività domestiche. 
Inoltre, se da una parte la tutela dell’inviolabilità di casa contro atti illeciti rientra nell’alveo delle attività della famiglia, dall’altra la ripresa dello spazio pubblico, non può considerarsi attività domestica in quanto coinvolge persone che non hanno alcun legame con la medesima e che non desiderano essere videoregistrati ed identificati.

La Corte quindi esclude che il trattamento del sig. Ryneš rientri nella deroga di cui dell’articolo 3, par. 2, della direttiva. Come ha evidenziato l’Avvocato generale nelle conclusioni, le intenzioni del sig. Ryneš di proteggere la sua proprietà e della sua famiglia, acquisiscono una propria rilevanza, seppur in un secondo momento, all’esame della legittimità del trattamento dei dati.

Questo significa quindi che l’applicazione della direttiva determinata dall’inapplicabilità della deroga, non comporterà in automatico il pregiudizio degli interessi del sig. Ryneš, che saranno tenuti in considerazione da chi tratterà i dati alla luce dei principi di liceità, di necessità e di proporzionalità, verificando se l’interesse legittimo, prevale sui diritti e sulle libertà fondamentali dell’interessato, alla luce delle circostanze concrete.

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