Istanza di fallimento: quando chiederla e le conseguenze sul fallito

14 Giugno 2015 - Redazione

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Purtroppo a causa delle crisi economica degli ultimi anni sono sempre di più le aziende che falliscono, ma quali sono le condizioni e quindi i presupposti per il fallimento? In cosa consiste un'istanza di fallimento? Come funziona il procedimento? Chi può fallire? E quali sono le conseguenze sul fallito?

Il fallimento è una procedura liquidatoria che coinvolge l'imprenditore commerciale con l'intero patrimonio e i suoi creditori. Questa procedura, è rivolta all'accertamento dello stato di insolvenza dell'imprenditore o dell'impresa, all'accertamento dei debiti verso terze parte creditrici ed alla loro successiva liquidazione.

L'istanza di fallimento di una azienda, è la procedura attraverso la quale si dichiara il fallimento di un imprenditore che ha un'attività commerciale, sotto forma di ditta o società commerciale iscritta alla Camera di Commercio, avente i requisiti previsti dalla Legge fallimentare.

L'istanza va presentata al Tribunale competente, come precisato dalla Legge Fallimentare 267 del 16/03/1942 e c. c., con allegate oltre ai documenti inerenti la pratica, la ricevuta del pagamento del contributo unificato, della marca da bollo e dei diritti.

La dichiarazione fallimentare è un atto formale presentato alla Pubblica Autorità, che permette di aprire una procedura di fallimento verso un imprenditore con debiti al di sopra della soglia di 30mila euro.

La conseguenza di una procedura fallimentare, è una sentenza emessa dal Tribunale, che produce effetti aventi natura privata, processuale e penale verso l'imprenditore insolvente, onde recuperare le somme dovute ai creditori.

L'istanza di fallimento può essere presentata da uno o più creditori: dai lavoratori dipendenti del debitore rappresentati da un legale, dal debitore stesso tramite c.d. fallimento in proprio e su richiesta del Pubblico Ministero, se il debito dell'imprenditore risulta nel corso di un procedimento penale.

Per legge il piccolo imprenditore e gli artigiani, non possono dichiarare il fallimento
perché non rientrano nel requisito dell'imprenditorialità e delle organizzazioni di beni, a meno che il creditore dimostri che l'imprenditore, abbia avuto nei 3 anni precedenti al deposito dell'istanza di fallimento, un patrimonio di 300mila € l'anno, ricavi per 200mila € oppure debiti, anche non scaduti, per 500mila €.

L'istanza di fallimento va depositata nella Cancelleria del Tribunale della sezione fallimentare nel luogo in cui ha sede legale l'impresa. Nel caso in cui la sede principale dell'impresa sia all'estero, la procedura fallimentare deve essere aperta e dichiarata in Italia, nel caso in cui l'impresa abbia qui la sede secondaria più importante.

All’istanza vanno allegati una serie di documenti attestanti l'insolvenza del debitore, che serve per la verifica dei requisiti soggettivi e oggettivi del debitore, ed una marca da € 3,54 per i diritti di cancelleria, richiesti per depositare l'atto. Il giudice fissa l’udienza e dispone la convocazione del convenuto fallendo.

Nel caso di fallimento in proprio invece, il richiedente può presentarsi di persona in cancelleria o tramite un avvocato, ove il Funzionario provvede nel caso ad autenticarne la firma. Il giudice quindi fissa l’udienza disponendo la convocazione di quest'ultimo solo se richiesto nel ricorso.

Il richiedente quando deposita il ricorso nella cancelleria del tribunale, deve fornire la prova dello stato di insolvenza dell'imprenditore, con titoli esecutivi in originale o copia conforme di decreti ingiuntivi, pignoramento, precetto, fatture non pagate, cambiali scadute o assegni.

Nel caso invece di una richiesta di fallimento in proprio, è aperta una procedura fallimentare a proprio nome, alla quale sarà allegata una specifica documentazione comprovante la capacità di insolvenza, prima di depositare l'atto alla cancelleria del Tribunale.

Allorquando viene dichiarato il fallimento si hanno effetti sull'imprenditore, sui creditori e sui terzi, come dalle conseguenze specificate dagli art. 42/49 della legge fallimentare.

Il fallito dalla data della sentenza è privato, dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti, in riferimento a tutti i beni, eccetto quelli esclusi secondo l'art. 46, ossia:

  • tutti i beni e i diritti di natura personale;
  • gli assegni con carattere alimentare, gli stipendi, le pensioni, i salari e quello che il fallito guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto serve per il mantenimento suo e della famiglia;
  • i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli, i beni in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo le disposizioni dell'articolo 170 del c. c.;
  • le cose e gli oggetti, che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

Per depositare l'istanza di fallimento alla cancelleria del Tribunale, è richiesto il pagamento dei seguenti costi totali, quali: 1 marca da bollo da € 27,00, contributo unificato da € 98,00 euro ed 1 marca da € 3,54 di diritti di cancelleria per l'attestazione di deposito.

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