Divorzio in Comune: quando ricorrono gli estremi per poter divorziare di fronte al sindaco

09 Maggio 2018 - Redazione

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Spesso e volentieri divorzio fa rima con lunghe attese. E con parcelle da capogiro. A meno che tra le varie tipologie possibili, non si decida di ricorrere al divorzio in comune, che a partire dal 2014 è diventata una pratica ufficializzata in Gazzetta, che permette di dirsi addio in un mese e con 16 euro!
 
Le condizioni necessarie per accedere al divorzio in comune sono che la coppia non abbia figli minori o maggiorenni affetti da handicap o sotto i 25 anni ma non economicamente autosufficienti, e che non si debbano trasmettere valori di tipo patrimoniale, oltre chiaramente al fatto che si “provenga” da una separazione consensuale e che si condivida la volontà di pervenire al divorzio nel più breve tempo possibile.
 
La procedura prevede che si passi prima allo sportello di stato civile e poi davanti al primo cittadino per la conferma, che venga pagata una tassa di diritti fissi di 16 euro e che si aspettino 30 giorni dalla richiesta per la conferma di cui sopra.
 
Si tratta di una vera rivoluzione, giacché lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio poteva essere chiesto da uno dei coniugi non prima di tre anni di separazione, o nel caso del divorzio breve dopo 1 anno (termine che si riduceva a 6 mesi in caso di separazione consensuale). 
 
La richiesta può essere presentata presso:
  • il Comune di residenza di uno dei due coniugi;
  • il Comune dove è stato celebrato il matrimonio;
  • il Comune dove è stato trascritto il matrimonio celebrato con rito religioso o celebrato all’estero.
 
La fase istruttoria prevede che i coniugi, o uno solo di loro, si presentino all'ufficiale di stato civile per comunicare l'intenzione di concludere un accordo di separazione o di divorzio o di modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio.
 
Per consentire all’ufficio l’acquisizione dei documenti necessari al procedimento è necessario che ciascuno dei coniugi compili il modulo di comunicazione dati, ai quali deve essere allegata copia dei documenti di identità in corso di validità.
 
Una volta in possesso di detti documenti, l'ufficio matrimoni stabilisce la data della redazione dell’accordo, e nel giorno prestabilito vengono rese le dichiarazioni prescritte e sottoscritto l’accordo.
 
Non prima di 30 giorni dalla sottoscrizione, nel giorno concordato, i coniugi devono presentarsi per rendere all’ufficiale di stato civile un’ulteriore dichiarazione che confermi la validità dell’accordo: in caso contrario, l’accordo non sarà confermato.
 
Ma la questione sorge proprio in relazione alla “presenza” dei coniugi durante il divorzio in comune: emerge infatti una certa diseguaglianza di atteggiamenti tra la giurisprudenza, che ritiene che questo istituto debba essere assimilato a quello previsto davanti al giudice, per cui le parti possono munirsi di una procura, e il ministero dell'interno, che sottolinea invece come la comparizione delle parti dinanzi all'ufficiale dello stato civile sia "personale", senza eccezioni, e non sia prevista espressamente (e dunque accettabile) alcuna alternativa.
 
Stante questa differenza interpretativa, ed essendo l’assistenza dell’avvocato nel divorzio in comune facoltativa, noi suggeriamo quanto meno di raccogliere un parere legale da uno degli avvocati divorzisti, come, ad esempio, lo studio legale Arenosto tramite il nostro portale in maniera gratuita, rapida e non vincolante…

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