Cos'è la conciliazione giudiziaria: quando ricorrervi e per quali motivazioni

15 Dicembre 2015 - Redazione

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Iva, imposta ipotecaria e catastale, accise; e poi IRPEF, IRPEG, IMU: sono solo alcune delle imposte dirette e indirette che gravano sui cittadini, e che fanno dell’Italia (non è un mistero!) uno dei Paesi europei dove maggiore è la pressione fiscale che grava sulla popolazione (soprattutto considerando poi il rapporto tra la tassazione e la qualità e quantità dei servizi offerti alla popolazione medesima).

 

Nel caso in cui, sfortunatamente, abbiate delle pendenze col Fisco, a partire dal 1992 potete avvalervi della conciliazione giudiziale, procedura che vi consentirà di evitare un lungo e incerto contenzioso, prima che si giunga a qualsiasi trattazione di merito, procedendo a una pronta liquidazione delle entrate erariali.

 
I vantaggi garantiti dalla conciliazione giudiziale però non sono solo quelli di una chiusura celere della controversia, ma anche la riduzione delle sanzioni amministrative (che comunque non possono essere inferiori al 40 per cento dei minimi previsti per le violazioni relative a ciascun tributo), la compensazione delle spese di giudizio e la possibilità di un dilazione delle somme da versare.

 

In questo caso però le rate (trimestrali e di uguale importo) non possono essere più di 8 (o 12 nel caso in cui si debbano restituire al Fisco più di 50.000,00 euro); la prima rata dovrà venire corrisposta entro 20 giorni dalla redazione del verbale di conciliazione di cui sopra, mentre per il pagamento delle rate successive (gravate degli interessi legali) ricorda di essere puntuale, perché anche per il mancato pagamento di una sola di esse l’Agenzia delle Entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle somme dovute, sanzionandole del 30%.

 

Nel caso in cui optassi per il pagamento in un’unica soluzione, esso andrà corrisposto entro 20 giorni dalla data del verbale. Potrai pagare le somme conciliate o attraverso il modello F24 (per intenderci, lo stesso che utilizzi per versare l’IVA) o col modello F23, indicando gli appositi codici tributo e il codice relativo alla conciliazione. Dove trovi il primo di questi codici?

Sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate.

 

E il secondo? Sul verbale della conciliazione giudiziale. Quindi, se volessimo fare due conti, la conciliazione giudiziale riduce a circa il 40% le spese di giudizio.

 

Sei convinto che la conciliazione giudiziale potrebbe fare al caso tuo, visto che vuoi evitare lungaggini e che non sei nemmeno certo che riusciresti a spuntarla, ma non sai come procedere? Sappi che la procedura può essere richiesta da te, con una domanda da depositare alla segreteria della Commissione (e che andrà notificata pure alla controparte); oppure dall’ufficio competente (che presenta una proposta concordata con te, prima che si svolga l’udienza); o ancora per iniziativa del giudice tributario, che può invitare le parti a conciliare la controversia.

Se i termini dell’accordo ti sembreranno accettabili, verrà redatto un verbale che conterrà anche la liquidazione delle somme dovute. Per le imposte dirette e per l’IVA si può procedere con una compensazione tra la somma che tu dovresti corrispondere al Fisco, e che appunto è stata indicata nel verbale della conciliazione giudiziale, e i crediti di imposta che lo Stato dovrebbe restituirti.

 

E se invece i termini non dovessero soddisfarti? Potresti sempre accettare una chiusura parziale della controversia e la prosecuzione della stessa solo per la parte rimanente. Se invece non dovessi accordarti su alcun aspetto, potrai sempre proseguire il contenzioso, perché la conciliazione giudiziale non è vincolante.

 

In questo caso, è caldamente consigliato rivolgersi ad un avvocato specializzato in diritto tributario che potrà seguire il contenzioso nel migliore di modi, suggerendoti le mosse da compiere per non incappare in ulteriori vessazioni.

 


 

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